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Insights 11 Feb 2022

Il punto sul mercato di Antonio Tognoli

 soldi vanno usati, altrimenti a che cosa servono.

In altri termini, se rimangono improduttivi non fanno “girare l’economia”, non creano posti di lavoro, non creano ricchezza e non fanno crescere la nazione. L’Italia, come noto, è uno dei paesi con maggiore tasso di risparmio al mondo. Risparmio vuol dire rinuncia a consumi attuali per consumi futuri. Già, ma futuri quando. Se il risparmio continua a crescere (pure negli ultimi due anni con il Covid) si rinuncia a consumare oggi per consumare domani. Ma con i consumi fermi oggi, la domanda di beni e servizi diminuisce, le imprese sono costrette a ridurre la produzione e/o a ridurre i costi (in primis quelli del lavoro) per mantenere invariati i profitti. Alternativamente, è possibile ridurre gli investimenti (a svantaggio però della qualità dei prodotti) al fine di assicurare la propria economia sopravvivenza. Nel frattempo però il resto del mondo investe, corre e aumenta la qualità di propri prodotti. Tempo una generazione e sei fuori dal mercato. In sintesi, ma è proprio quello che è successo all’Italia negli ultimi 40 anni.

A differenza degli altri paesi Europei, la Borsa Italiana non rappresenta la forza della nostra economia. Sia perché tante imprese non scelgono la via della quotazione per reperire risorse finanziari per fare gli investimenti necessari alla crescita, sia perché gli imprenditori sono ancora troppo arroccati su posizioni campanilistiche e padronali, sia perché il sistema finanziario è ancora troppo bancocentrico (e da qui arriva la sua fragilità). Diversi sono stati gli sforzi legislativi per favorire un’economia di mercato, ma tutti poco organici. Non si è mai messo seriamente mano all’intera disciplina che governa il risparmio (tutelato dalla Costituzione) e gli investimenti, con il risultato che le imprese e soprattutto gli investitori si sono allontanati e si allontano tutt’ora dalla Borsa: secondo uno studio della Banca d’Italia tra il 2007 e il 2019 il 60% delle OPA ha riguardato il delisting (il 90% nel 2019).

Occorre quindi uno sforzo comune per avvicinare il mondo del risparmio e quello dell’investimento (se non ora quando), perché con le sole forze messe in campo dall’Europa (leggi PNRR), il paese che ricordiamolo ha un rapporto debito/PIL nell’intorno del 160%, difficilmente riuscirà a fare tutti gli investimenti necessari per raggiungere la crescita potenziale e sostenibile del PIL, che si aggira intorno al 2-2,5%.

Negli ultimi mesi abbiamo visto l’Italia ritrovare la credibilità internazionale perduta e abbiamo visto gli investimenti esteri tornare nel nostro paese. La crescita delle quotazione soprattutto nel mercato Euronext Growth Milano nel 2021 ne è il termometro. La strada da fare è però ancora lunga, ma la direzione è quella giusta. A questo aggiungiamo che il nostro indice di Borsa è a metà strada circa dai massimi di lungo termine, mentre quelli di tutti gli altri paesi nel 2021 hanno aggiornato i rispettivi massimi. Dobbiamo poter smuovere la massa di denaro dormiente sui conto correnti e favorire un flusso di investimenti privati all’economia reale. In che modo? Per esempio costituendo un “Fondo Sovrano” misto pubblico/privato (tipo quello Norvegese) o ancora favorendo la costituzione di campioni mondiali in diversi settori produttivi (sul modello francese per intenderci). Gli oltre 220 miliardi del PNRR aiutano, ma occorre che siano indirizzati correttamente verso progetti in grado di favorire una crescita del PIL sostenibile e in questo modo creare ricchezza. I tempi e i modi li conosciamo, le risorse e la fantasia non ci mancano. Occorre la volontà di farlo.