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Insights 29 Lug 2022

Il punto sul mercato di Integrae SIM

“Il futuro ci riserva sempre sorprese e il modo migliore per isolarsi da queste sorprese è diversificare” (Robert J. Shiller)

Con la decisione presa mercoledì, la FED ha aperto uno spiraglio sulla prospettiva di una politica monetaria espansiva a partire dal 2023. Scongiurata anche la prospettiva di chiudere il 2022 con un costo del denaro al 4%. Il rialzo di 75 punti base, preso all’unanimità, è il segnale che i falchi non hanno trovato terreno fertile nel consiglio direttivo, e si sono allineati alle scelte della maggioranza guidata da Jerome Powell. A spingere in questa direzione anche il dato sul PIL USA che si è ridotto ad un tasso annualizzato del -0,9% nel secondo trimestre, rispetto al -0,6% dei primi tre mesi 2022. Si tratta del secondo trimestre consecutivo di ribasso, definito in gergo recessione tecnica. Deluso, quindi, il consenso del mercato raccolto da Investing.com, che voleva un tasso di crescita del +0,5%. Il dato alimenta le preoccupazioni per una recessione più profonda tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 in contemporanea con gli aumenti dei tassi “fuori dal comune” da parte della Fed. Oggi riflettori puntati alle 14:30 sull’indice dei prezzi delle spese personali principali a giugno (previsto +0,5% dal +0,3% precedente) e alle 16:00 l’indice delle aspettative dei consumatori del Michigan a luglio.

Giro di boa

Le trimestrali USA stanno arrivando al giro di boa ed è possibile quindi fare un primo bilancio. Molto bene il comparto dell’energia, gli industriali e le materie prime. Sorprese positive dai consumi “necessari” e alcuni comparti delle tecnologia. Male i consumi “generici”, finanziari, TLC e bancari. Lo scenario per la costruzione di un portafoglio resta quindi impostato alla difensività perché non è chiaro cosa accadrà nel corso dei prossimi mesi. Le aziende stanno rivedendo al ribasso le indicazioni per il 2022 avvalorando l’ipotesi di un rallentamento della crescita globale (come dimostra il dato di ieri sul PIL USA). Per cui anche nella prospettiva di un’inversione della curva dei tassi in USA, potrebbe non essere ancora arrivato il momento di riscoprire il comparto azionario in senso allargato, ma sempre in chiave selettiva, come ad esempio i titoli esposti ai colli di bottiglia delle catene produttive.

Inquinare o risparmiare?

In Usa il prezzo del gas è aumentato di 5 volte rispetto ai livelli pre-pandemia, in Europa 18 volte. Un gap competitivo che riflette non solo l’efficienza delle infrastrutture ma anche l’atteggiamento verso il clima. La Cina ad esempio dipende dal carbone per la produzione di energia (non dal gas), i cui prezzi sono particolarmente bassi grazie al forte incremento dell’estrazione di minerale nazionale. Chi inquina risparmia, e rende la propria industria più competitiva rispetto alla concorrenza. L’Europa in questo scenario sta reagendo tentando di porre un tetto al prezzo del gas, agendo sulla leva dei consumi, ovvero razionandoli. Scelta che riflette la volontà di rispettare i target climatici, che però i nostri competitor industriali stanno ignorando. Possiamo andare avanti così a lungo?

Riflettore Italia

In Europa i riflettori sono puntati sul nostro Pese precipitato nella competizione elettorale. Dopo le dimissioni di Draghi lo spread è aumentato di 50 punti base: un rischio Italia che si pagherà sino a quando non sarà chiaro l’atteggiamento del nuovo Governo rispetto agli impegni presi con la Commissione Europea. Se il differenziale di tasso dovesse restare su questi livelli sino a novembre (ovvero all’inizio della discussione in parlamento sulla Legge di Bilancio 2023), il costo, in termini di maggiori interessi sul debito pubblico, potrebbe essere pari a €1 miliardo. Sono per due giorni consecutivi che il nostro listino è il migliore d’Europa. Che il peggio sia alle spalle?