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Insights 7 Mar 2023

Il punto sul mercato di Integrae SIM

L’Europa è la maionese, ma l’America fornisce la buona vecchia aragosta” (Davide Herbert Lawrence).

Jerome Powell parla al Congresso, torna la volatilità? Dopo avere perso il 15% in 5 sedute ieri la volatilità sull’indice S&P 500 è rimbalzata di oltre l’1% nonostante i listini statunitensi abbiano chiuso in territorio positivo. In Europa tutto a gonfie vele, con l’indice Ftse Mib 40 che nel corso della seduta ha superato la soglia psicologica dei 28mila punti. A rovinare la “festa” potrebbero essere nuovamente le banche centrali ed in particolare Jay Powell che, tra oggi e domani, di fronte alla commissione bilancio del congresso potrebbe anticipare ciò che accadrà nella riunione del FOMC di marzo. Al momento la maggior degli esperti indica come sia difficile immaginare un aumento dei tassi oltre di 25 punti base, con un obiettivo finale del 4,75%-5%. Anche se la probabilità di superare questa soglia si posiziona ora al 30%, rispetto al 3% di un mese fa. Se quindi da un lato il risk on sembra essere tornato, nonostante i “falchi”, dall’altro osservando la correlazione tra profitti e indici azionari, qualche dubbio resta. In particolare in Usa dove nel corso degli ultimi sei mesi gli analisti hanno rivisto al ribasso le stime della maggior parte dei settori industriali ma il mercato ha continua a salire. Il segnale che l’azionario statunitense è caro, pur alla luce di un contesto macroeconomico che tiene il passo, e la sua attrattività relativa rispetto agli investimenti in reddito fisso sarà quindi un tema di crescente rilevanza per gli investitori.

Arriva la grande offerta

Dopo mesi di riflessione, la Cdp, ovvero lo Stato, ha rotto gli indugi e presentato un’offerta per rilevare il 100% della rete di Telecom Italia, più la controllata Sparkle. I valori non sono stati comunicati ma si tratterebbe di un’offerta almeno di €18 miliardi di cui 2/2,5 miliardi per cassa il resto sottoforma di de-consolidamento del debito di Telecom. La risposta all’offerta del fondo Kkr che ha messo sul piatto la stessa cifra ma con €10 miliardi di cassa (per fare investimenti), e quindi meno favorevole per Telecom. Ma la vera notizia è che si tratta di valori lontani dalla valutazione di Vivendi, azionista di maggioranza di Telecom, non più nel cda, che aveva valutato la rete €31 miliardi. Vivendi quindi in assemblea potrebbe opporsi, o almeno spingere gli offerenti ad avviare un’asta competitiva in grado di avvicinarsi a quella soglia. Sullo sfondo almeno due ostacoli: per Kkr la questione della Golden Power, ovvero il potere di veto dello Stato sugli asset strategici, mentre per Cdp quello dell’Antistrust avendo già acquisito altre reti tlc sul territorio italiano. Quest’ultimo problema sarebbe però superabile attraverso una deroga della commissione europea. Nessuna offerta è però sinora stata notificata in Europa, ma è evidente come la partita sarà politica e poco finanziaria. Nel complesso un flusso di notizie che tiene vivo l’interesse sul listino milanese che avvicina nuovi massimi grazie all’appeal speculativo sul settore Tlc.

La Cina frena

Ieri sono stati comunicati i nuovi target di crescita della Cina. Valori cauti, a cominciare dal Pil atteso in crescita “intorno” al 5%, sotto le attese che in media si posizionavano al 5,5%, con un picco del 6% (SocGen). Il motivo della cautela, lo ha spiegato il premier cinese: ancora troppi dei fattori di incertezza sul fronte geopolitico. Ciò premesso il mercato si aspetta che nel corso dell’anno ci possa essere una revisione al rialzo e infatti Goldman Sachs vede, per effetto della ripresa cinese, un deficit tra domanda e offerta di petrolio che a dicembre potrebbe spingere i prezzi sopra i $100. Al netto di queste aspettative, nel breve, la delusione sulle stime di crescita ha impattato sul prezzo del petrolio, allontanatosi dagli $80 al barile, e soprattutto le quotazioni del gas alla Borsa di Amsterdam, che nel corso della seduta di ieri è arrivato a perdere oltre il 5% avvicinando i 40 punti, -90% rispetto al picco di agosto (ma pur sempre 2-3 volte i livelli pre scoppio della pandemia). Abbastanza per consolidare le attese di un calo dell’inflazione a partire dal secondo trimestre dell’anno, e di conseguenza un appiattimento della curva dei tassi di interesse favorendo, ancora per qualche mese il comparto obbligazionario rispetto all’azionario.