Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Qui si fa l’Italia o si muore (G. Garibaldi).
Prezzi al consumo YoY di gennaio in Europa in uscita oggi alle 11:00 (stima 4,3% contro 5% di dicembre) e occupati ADP di gennaio in USA (stima 208k unità contro 807k di dicembre). Dopo aver discusso dell’economia USA e di quella Europea, cerchiamo di capire l’andamento di quella Italiana. Il 2021 si è chiuso in modo molto positivo con il PIL cresciuto del 6,5% (dodici mesi fa stimavamo il 4,5% e sembrava già un obiettivo ambizioso). L’aumento è stato determinato in larga parte dalla domanda interna (+6% circa), cui ha fatto seguito anche un aumento di quella estera netta (+0,4% circa) e quella degli investimenti (+16% circa). Le stime degli analisti indicano che entro la prima parte dell’anno il PIL Italiano dovrebbe aver cancellato le perdite dovute alla pandemia, portandosi al di sopra dei livelli del 2019, mentre il PIL è stimato crescere in un range tra il 3,5% e il 4%.
I numeri della ripresa del 2021 non dicono però tutto e la realtà appare meno esaltante. Alla fine del 2021 il PIL era di circa 3 punti percentuali inferiore a quello del 2019 che a sua volta risultava circa 4 punti percentuali inferiore a quello del 2007. In altre parole, possiamo dire che siamo il 7% circa meno ricchi di 15 anni fa.
Ma guardiamo al futuro. Con il petrolio tornato abbondantemente sopra gli 80 dollari al barile, l’inflazione dell’Eurozona al 5% (la più elevata da quanto esiste la moneta unica) e una crisi geopolitica alle porte che potrebbe essere la miccia per nuovi aumenti del prezzo dell’energia, i consumi (soprattutto di beni durevoli) e gli investimenti, potrebbero fornire sempre meno sostegno alla domanda aggregata e quindi al PIL. Dulcis in fundo, non dimentichiamoci della nostra palla al piede: il debito pubblico che prima o poi qualcuno dovrà pagare e che con i tassi di interesse previsti al rialzo nel 2023, costerà di più alle casse dello Stato. La ripresa economica rischia quindi di farsi molto più debole del previsto e con un debito / PIL che fatica a scendere per effetto di un deficit che lo alimenta.
Il rovescio positivo della medaglia riguarda gli aiuti economici pari a € 235 mln di euro destinati all’Italia e ai conseguenti investimenti previsti dal PNRR. Entro il 30 giugno il Governo dovrà aver centrato 45 obiettivi per poter incassare la seconda rata di prestiti pari a 24,4 mln di euro (la prima di 21,5 miliardi è stata chiesta alla UE i primi giorni di gennaio). Il Consiglio dei Ministri in programma per oggi è proprio dedicato ad una puntuale ricognizione della situazione relativa ai principali obiettivi del primo semestre dell’anno (se gli obiettivi non vengono centrati, i fondi non arrivano). Il PNRR prevede sei “missioni”. Alla prima, digitalizzazione e innovazione destina 49,8 miliardi, alla rivoluzione verde e transizione ecologia 69,9 miliardi, alle infrastrutture 31,5 miliardi, all’istruzione e ricerca, 33,8 miliardi, alla inclusione e coesione 29,8 miliardi e infine alla salute 20,2 miliardi. Il PNRR non è un banale programma di tradizionali investimenti ma è pensato come un vero e proprio progetto economico di trasformazione della nostra economia, nel quale le risorse sono accompagnate dalle riforme necessarie per superare le strutturali debolezze che per lungo tempo hanno limitato la crescita, determinato bassi livelli di occupazione e frenato lo sviluppo degli investimenti pubblici e privati negli scorsi decenni.
Secondo le nostre stime, grazie al PNRR nel 2026/27 il PIL sarà più alto di circa 3,6 punti percentuali e l’occupazione di 3,2 punti percentuali rispetto allo scenario base. Le nostre stime ipotizzano ovviamente un’elevata efficienza degli investimenti pubblici ma non quantificano l’ulteriore impulso che potrà derivare dalle riforme mirate a migliorare la competitività della nostra economia.
E’ quindi facile capire che le aziende che vedranno aumentare i propri profitti saranno quelle che operano nei settori indicati dal PNRR
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