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Insights 11 Nov 2021

Il punto sul mercato di Antonio Tognoli

Il presente è saturo del passato e gravido dell’avvenire (G. W. Leibnitz).

Dati non particolarmente sensibili per i mercati in uscita oggi. Segnaliamo invece, come era nelle attese, che con i dati di ieri l’inflazione USA ha toccato in Ottobre il valore più elevato degli ultimi 30 anni e pari al 6,1 (la stima degli analisti era del 5,8%). C’è da dire che il tapering è iniziato a novembre e quindi i dati di ottobre non incorporano ancora la riduzione degli stimoli monetari. A risentire del temporaneo picco inflattivo sono stati prevalentemente i titoli growth, come sempre accade in questo scenario. Un eventuale rialzo dei tassi d’interesse indotto dall’inflazione sarebbe infatti negativo per i titoli growth poiché i flussi di cassa futuri sarebbero scontati ad un tasso più alto, con un impatto già oggi sulle valutazioni aziendali. L’accelerazione dell’inflazione non è comunque una sorpresa, visti l’aumento del tasso di risparmio, il successo delle vaccinazioni e la domanda repressa che è stata liberata. Riteniamo che la tendenza di aumento dell’inflazione dovrebbe continuare nei prossimi 12 mesi, prima di stabilizzarsi sul target della Fed del 2%. I mercati azionari stanno ovviamente prezzando questo scenario, con i dati sulle aspettative che sembrano sostenere l’idea di un picco temporaneo. Nonostante la sovraperformance dei titoli value registrata nel 2021, l’outlook per le società growth non è cambiato in modo significativo. I business model delle aziende USA a grande capitalizzazione, infatti, non possono essere diventati di colpo difettosi. Le caratteristiche che gli investitori cercano nelle aziende growth – vantaggio competitivo, potere di prezzo, margini elevati e posizioni dominanti in mercati grandi e durevoli sono ancora tutte ben presenti e la capacità intrinseca e fondamentale dei titoli growth di far crescere il free cash flow nel tempo è rimasta intatta.

Alla domanda se il tapering di 15 mld al mese sia sufficiente, a botta calda i mercati sembrano quindi aver risposto in modo tutto sommato non negativo. Rimane da capire che cosa accadrà a tapering concluso e soprattutto se la graduale riduzione della liquidità che ha sostenuto fino ad ora i prezzi, possa essere sostituita dalla crescita degli utili. Indipendentemente dalla risposta, osserviamo che le due grandezze operano in momenti differenti: gli effetti della liquidità sui prezzi sono immediati, mentre quelli degli utili sono più lenti a manifestarsi e richiedono di effettuare delle stime, per definizione incerte. In quest’ottica la riduzione degli stimoli monetari di 15 mld al mese invece dei 30 mld annunciati a cavallo della scorsa estate sembra dare “maggiore tempo” agli utili per essere incorporati nei prezzi.

In ogni transizione quello che storicamente è sempre stato osservato è un aumento della volatilità, ovvero un incremento dell’oscillazione del rendimento. Anche questa volta sarà così. Siamo confidenti che il mercato azionario possa continuare la positiva performance grazie al crescente sostengo degli utili (la nostra risposta è dunque positiva) ma con meno vigore rispetto agli ultimi 12 mesi (per via della riduzione degli stimoli monetari) e con una volatilità media più elevata rispetto a quella degli ultimi sei mesi.

Ribadiamo che la variabile indipendente che riteniamo potrebbe anche far cambiare idea alle banche centrali, rimane l’effetto economico di nuove e sempre possibili chiusure di attività produttive dovute alla pandemia, al momento non quantificabili.