Il punto sul mercato di Antonio Tognoli 28.09.2021
Pour faire face à la hausse du prix du pétrole, je conseille aux Français de faire du vélo.”
Oggi parliamo del petrolio. Si perché una sua crescita duratura è in grado di creare una insidiosa inflazione. Al di la di quello che potrebbe accadere nei prossimi due/tre mesi dove occorre affidarsi a maghi o stregoni per saperlo, quello che ci interessa è capire che cosa possa accadere al prezzo del petrolio nel 2022, visto che da più parti sostengono che la crescita dei prezzi, trainata anche dai costi dell’energia, sia temporanea.
Sono tre le determinanti che riteniamo influiranno sul prezzo nel prossimo anno: maggiore produzione da parte dell’Opec, la concreta possibilità che l’Iran torni sul mercato e la ripresa di produzione di gas scisto negli USA. Riteniamo che l’aumento dell’offerta, possa essere superiore alla domanda che stimiamo possa essere di circa 99,86 mln di barili al giorno, una volta che le economie del mondo sia planate verso le rispettive crescite potenziali del GDP e, quindi, il prezzo sia destinato a scendere. Di quanto è tutto da capire. Riteniamo che il prezzo “corretto” considerando la crescita del GDP mondiale e alla luce delle aspettative di aumento dell’offerta, possa essere compreso in range tra 50 e 70 dollari al barile. Questo è lo scenario che ci sentiamo di condividere.
Diametralmente opposto invece lo scenario dipinto dal ministro del petrolio e del gas dell’Oman Mahammed al-Rumhi (di parte?), paese tra i maggiori produttori di greggio. Secondo il ministro, qualora i paesi produttori aderenti all’Opec dovessero decidere di seguire i suggerimenti dell’Agenzia Internazionale dell’Energia e raggiungere zero emissioni entro il 2050, non investirebbero più nel petrolio. La sua scarsità, dovuta alla mancanza di investimenti, poterebbe il prezzo a ridosso dei 200 dollari al barile nel 2022.
Francamente ci sembra uno scenario poco realistico, quanto meno per il 2022.
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