Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Se c’è una soluzione perché ti preoccupi? Se non c’è una soluzione perché ti preoccupi? (Dalai Lama).
Prezzi al consumo Europei YoY di aprile in uscita oggi alle 11:00 (stima 7,5% contro 7,4% di marzo) e scorte di petrolio WoW USA (stima -457k barili contro 8,49 mln della scorsa settimana).
Anche la Cina riduce le stime di crescita del PIL per il 2022, che ora si ferma al 4,2% dal 4,9% precedente (nello scenario peggiore la crescita del PIL si fermerebbe al 3,5%) a causa dei lockdown imposti dalla autorità che stanno causando limitazioni nei trasporti, nel tempo libero e nel retail aggravando tra le altre cose i problemi del settore immobiliare. E’ possibile che il governo metta in campo a breve tutti gli stimoli previsti dal bilancio senza tuttavia stanziare ulteriori risorse, lasciando che i deficit fiscali aumentino per le amministrazioni locali e regionali, pur in presenza di meccanismi di controllo del debito.
Nel frattempo i dati usciti la scorsa settimana sono impietosi: in aprile le vendite al dettaglio sono calate dell’11,1% (stima -6,1%), la produzione industriale è scesa del 2,9% (stima +0,4%) e l’inflazione è crescita del 2,1% (1,8% la stima).
Era l’inizio dell’anno quando le autorità, stimando probabilmente gli effetti della strategia “Zero Covid”, hanno dato corso ad un allenamento monetario il cui risultato più evidente è proprio un aumento dell’inflazione. In quest’ottica va letta la mossa della Banca popolare di Cina che, nell’intento di incoraggiare le banche a concedere più prestiti alle imprese, ha ridotto dello 0,5% la proporzione di depositi bancari da tenere come riserve, raggiungendo una media dell’8,4%. La riduzione delle riserve, che sono note come required reserve ratio (RRR), consentirà d’immettere gradualmente nell’economia 1.200 miliardi di yuan (circa 190 miliardi di dollari).
Le esportazioni continuano a trainare il PIL, anche se in misura minore che in passato: le catene di distribuzione globali dipendono infatti ancora in larga parte dalla Cina. L’aumento dei costi della manodopera ha tuttavia portato ad una compressione dei margini di profitto, con le imprese del settore manifatturiero che sono quindi sempre più esposte al rischio di oscillazione dello yuan e alla volatilità della domanda globale. I consumi interni risentono inoltre del rallentamento della crescita della popolazione, nonostante l’abolizione della politica del figlio unico avvenuta nel 2013 e la recente autorizzazione governativa ad avere tre figli (la crescita dei consumi quale effetto della crescita demografica richiede infatti tempi lunghi).
Sembra piuttosto chiaro quindi che gran parte degli obiettivi per il 2022 stabiliti nel dicembre scorso dall’annuale Central Economic Work Conference, non possano essere raggiunti. Tra questi ricordiamo: continuare a implementare politiche fiscali pro-attive insieme a politiche monetarie prudenti, stimolare la vitalità degli attori del mercato mediante politiche microeconomiche, promuovere una concreta crescita delle politiche orientate alla tecnologia e alla scienza, dare nuovo impulso allo sviluppo economico mediante riforme e aperture, promuovere uno sviluppo equilibrato tra le diverse regioni, assicurarsi che le politiche sociali salvaguardino il benessere della popolazione.
Tra gli ostacoli da superare c’è l’armonizzazione dei diversi portatori di interessi. Per esempio, tra i principali obiettivi per l’anno 2022 c’è quello che i vertici Cinesi chiamano il “benessere condiviso”, ovvero una condizione condivisa da tutti sia in termini materiali che in termini culturali, con una riduzione del gap tra regioni, aree urbane e rurali e tra entrate individuali e l’impegno nella ridistribuzione della ricchezza che, secondo il Governo è possibile suddividere in tre obiettivi che però sono ben lontani dall’essere raggiunti: ridurre i costi delle abitazioni, aumentare le entrate e dare alla popolazione maggiori opportunità di creare ricchezza.
E veniamo alla domanda: vale la pena di investire in Cina? Nonostante il 2021 e la prima parte del 2022 non siano stati particolarmente brillanti per i mercati finanziari cinesi, nella rimanente parte dell’anno riteniamo che grazie soprattutto alle nuove priorità politiche di lungo termine (vedi i pilastri dettati dalla Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese e dall’Assemblea Nazionale del Popolo che hanno dato il via libera al quattordicesimo Piano Quinquennale), le autorità hanno definitivamente chiarito che gli obiettivi primari si sono spostati verso la stabilizzazione della crescita, l’autosufficienza e la tutela dell’ambiente. Chiaro che i passi verso il nuovo equilibrio non sono facili, soprattutto alla luce della debolezza del settore immobiliare, della pandemia che ne frena l’implementazione e della guerra. In questo scenario, siamo tuttavia convinti che le azioni di alcune società cinesi la cui attività è concentrata principalmente sul mercato interno, abbiano il potenziale per performare relativamente bene nel 2022 e possano anche mettere al riparo il portafoglio dal rischio geopolitico. Il generalizzato de-risking sulle azioni cinesi degli ultimi mesi ha infatti creato diverse opportunità in particolare nei settori healthcare, IT e dei consumi.
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