Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico (Lau Tsu).
Nessun dato significativo per i mercati in uscita oggi. La scorsa settimana la Commissione UE ha deciso il pagamento all’Italia di 21 miliardi di euro nell’ambito del PNRR, grazie al raggiungimento dei 49 obiettivi concordati per fine 2021. Obiettivi per lo più qualitativi. Bene. Peccato che per il 2021 l’Italia avrebbe dovuto spendere 13,7 miliardi di euro, ma la spesa certificata si è fermata a 5,1 miliardi di euro, ovvero il 37% circa. Non entro nelle motivazioni, che mi sembrano più politiche che economiche. La gran parte dei fondi era destinata ad interventi già previsti dai programmi italiani e il recovery plan si limitava a cambiare la fonte di finanziamento, ma una parte era dedicata a nuovi progetti che avrebbero dovuto accelerare la crescita del Paese. Nel 2022 la musica cambia però (qualcuno potrebbe obiettare che occorrerebbe cambiare anche i suonatori) perché l’esame si concentrerà su 17 obiettivi quantitativi, non basta più la qualità. Occorre quindi che una parte delle 2.500 pagine del PNRR inviate a Bruxelles vengano rese concrete. Come noto, il 2022 prevede il versamento di due rate, per un totale da 40 miliardi (di cui la prima è quella pagata) ovviamente legate al rispetto da parte dell’Italia di 100 condizioni (83 quantitative e 17 qualitative) delle quali a giugno ci sarà la prima verifica. Secondo l’Osservatorio dell’Università Cattolica di Milano guidato da Carlo Cottarelli, le principali riforme che dovranno essere varate entro giugno dall’Italia saranno l’avvio del nuovo Codice dei contratti pubblici e degli appalti, le disposizioni per combattere l’evasione fiscale e la pianificazione della spending review. Entro fine anno invece dovranno essere assegnati i lavori per l’alta-velocità sulle tratte Napoli-Bari e Palermo-Catania e dovrà arrivare l’approvazione della legge sulla concorrenza e che riguarderà le concessioni per rifiuti, trasporti locali e distribuzione del gas (su quest’ultimo punto qualcosa potrebbe tuttavia cambiare). Per 23 delle 100 condizioni del 2022, nota l’Osservatorio, sarà cruciale il ruolo del Parlamento.
Sarà sufficiente per il nostro Paese per cominciare ad aggiustare i conti pubblici? Negli ultimi due anni lo scostamento di bilancio complessivo è stato pari a circa 185 miliardi di euro. Nel 2022, secondo le stime del Governo, il rapporto deficit/pil dovrebbe ridursi al 5,6% (dal 9,4% del 2021) e arrivare al 3,9% nel 2023. Lo scoppio della guerra e tutti i problemi economici che questa si porterà dietro (non siamo infatti ancora arrivati al cessate il fuoco) potrebbero tuttavia ritardare il rientro del deficit, anche alla luce della risalita dei tassi di interesse e della pressione politica sulla spesa pubblica (come si è visto nell’ultima legge di Bilancio). I settori che entrerebbero in crisi, se la guerra dovesse prolungarsi e le sanzioni inasprirsi, potrebbero infatti portare ad un rallentamento economico generale maggiore del previsto, e necessiterebbero di nuove risorse da reperire con un ulteriore scostamento di bilancio (al momento sotto la valutazione dell’esecutivo) che abbiamo stimato in circa 30 miliardi (circa un punto e mezzo di Pil). Da non sottovalutare inoltre la questione demografica che sta diventando una delle variabili economiche di maggior peso, ancor di più per l’Italia, che potrebbe avere nel medio periodo un impatto sull’offerta di lavoro: secondo i dati di Uniocamere in Italia la percentuale di profili professionali introvabili è passata dal 26,5% del 2019 al 40,4% di oggi.
E facile quindi capire come gli investimenti del PNRR siano fondamentali per lo sviluppo del Paese. Prima della guerra, rispetto allo scenario base del 2023 per esempio, il PIL è atteso crescere del 3% in più mentre l’occupazione del 3,2% in più. Stime che giocoforza dovranno necessariamente essere ridotte, ma è facile capire che senza il supporto del PNRR saremmo probabilmente in recessione. Dipende dalla durata del conflitto, la crescita dal 2024 al 2026. Già da questi semplici dati si percepisce il cambiamento del paradigma economico Italiano nei prossimi anni e perché il PNRR potrebbe essere definito il new deal. Non possiamo dunque permetterci di sedere sulla riva del fiume ad aspettare.
Con lo scenario sopra delineato, riteniamo che i settori da privilegiare siano tutti quelli interessati dal PNRR. In particolare quelle imprese che operano nel settore della digitalizzazione di prodotto e di processo, della cyber security, della trasmissione di dati su rete fissa o mobile. Ma anche tutte le imprese avamposto della rivoluzione verde, da quelle locali a quelli nazionali, senza dimenticare tutte quelle che operano nel settore delle infrastrutture e della salute. La crescita delle imprese nazionali che operano in questi settori, dovrebbe in seguito anche fare da volano per la loro ulteriore espansione internazionale, a beneficio della redditività.
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