Home / Insights / Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Insights 4 Mar 2022

Il punto sul mercato di Antonio Tognoli

Non è tanto importante investire al prezzo più basso possibile, quanto investire al momento giusto (J. Livermore).

Vendite al dettaglio Europee MoM di gennaio in uscita alle 11:00 (stima 1,5% contro -3% di dicembre), variazione occupati USA di febbraio (stime 450k contro 467 di gennaio) e tasso di disoccupazione USA di febbraio (stime 3,9% contro 4,0% di gennaio) alle 14:30. Powell prosegue sulla strada tracciata. L’attuale shock geopolitico non rinvierà l’aumento dei tassi atteso a marzo e previsto in 0,25 bp, ha dichiarato espressamente il presidente della FED davanti alla commissione dei servizi finanziari della Camera dei Rappresentanti USA, forte di un florido mercato del lavoro e di una crescita prezzi che non sembra voler diminuire. Powell ha tenuto inoltre a sottolineare che se l’inflazione sarà più elevata del previsto, è pronto a muoversi in modo più aggressivo, aumentando il FED Funds di oltre 25 bp nelle prossime riunioni. Per Powell l’inflazione è comunque prevista scendere durante l’anno grazie ad una domanda aggregata più contenuta e una progressiva risoluzione dei problemi sulla supply chain. Secondo il nostro modello, per consentire all’inflazione di scendere al 2,5% (valore del gennaio 2020) sarebbe necessario che i prezzi del petrolio rimanessero sotto gli 85 dollari al barile per il resto dell’anno e che i prezzi dei prodotti agricoli diminuissero del 20% dai livelli attuali. Riteniamo che entrambi gli obiettivi siano, ad oggi, difficilmente raggiungibili. Il presidente della FED ha anche accennato alla riduzione del bilancio della FED, sostenendo che questa non costituirà lo strumento primario nell’azione di inasprimento. In ogni caso la FED procederà in modo agile e usando molta cautela al fine di preservare la stabilità finanziaria.

In Europa, se prima dello scoppio delle ostilità le attese indicavano un rialzo dei tassi nei prossimi due anni, ora la BCE dovrà rivedere l’agenda per adattarla agli sviluppi geopolitici. Abbiamo calcolato che l’ulteriore spinta alla crescita dei prezzi dovuta alla crisi è compresa tra lo 0,3% e l’1,5% (dipende ovviamente dalla durata del conflitto), con gli effetti che anche nell’ipotesi migliore saranno comunque visibili per tutto il 2023. Scontato che i vincoli al commercio avranno un impatto sull’interscambio tra l’Europa e la Russia colpendo tutte le aziende che fanno affari con Mosca. Con una crisi dalla durata limitata, secondo le nostre stime la flessione della crescita del PIL Europeo potrebbe essere compresa tra lo 0,3% – 0,5% (e far attestare la crescita annuale tra il 3,5% e il 3,0%) senza tuttavia far deragliare il ciclo economico. Se viceversa lo scenario rimanesse teso a lungo, allora il nostro modello restituisce una variazione del PIL dell’1,7% circa (2,0% circa la crescita dell’intero anno), con i paesi più colpiti che sarebbero Germania e Italia, andando a vanificare gli effetti nel NextGenerationEU. I governi reagirebbero attraverso politiche fiscali più generose e di sostegno al consumo, utilizzando per esempio meccanismi europei di finanziamento (i SURE e/o il Meccanismo europeo di stabilità) oppure attraverso nuovi strumenti.

Relativamente agli investimenti, le opportunità di trovare rendimenti positivi aggiustati per l’inflazione rimangono piuttosto limitate, a meno di forti cali dell’inflazione. In altre parole i tasi reali continueranno a rimanere negativi. Chi investe nel reddito fisso ha quindi bisogno di alternative. Chiaro che i titoli protetti dall’inflazione rappresentano una sorta di garanzia contro qualsiasi fallimento di FED o BCE nel contenere l’inflazione. Per l’azionario è fondamentale rimanere selettivi utilizzando un approccio bottom up e concentrarsi su utili di alta qualità con una buona visibilità. Anche le esposizioni asimmetriche tramite hedge fund e l’acquisto/vendita di volatilità dovrebbero aiutare a mitigare il rischio.