Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
In America puoi sempre trovare un partito. In Russia il partito ti trova sempre (Y. Smirnoff)
Prezzi al consumo YoY della Germania di aprile alle 8:00 (stima 7,4% contro 7,3% di marzo), prezzi al consumo YoY USA di aprile alle 14:30 (stima 8,1% contro 8,5% di marzo) e scorte di petrolio WoW (stima -829k barili contro 1,3 mln della scorsa settimana).
La lotta all’inflazione finirà per portare l’economia USA in recessione? Secondo Powell il trend dell’economia rimane robusto e non tale da consentire tassi di interesse così bassi e una inflazione pari all’8,5%. E i dati sembrano mostrare proprio questo (a parte il PIL del 1Q22, sceso dell’1,4% quale effetto del superdollaro) e aprono la strada ad un aumento di 0,5 bp nel prossimo meeting. Vediamo dunque i dati. Questi indicano che i non farm payrolls sono cresciti in aprile di 428k contro 380 stimati, le retribuzioni orarie sono cresciute dello 0,3% rispetto a marzo e del 5,5% YoY, mentre il tasso di disoccupazione si mantiene nell’intorno di quello naturale al 3,5%. Nel frattempo, il tasso fisso sui mutui a 30 anni è balzato al 5,3% (un anno fa era del 2,9%) ed i prezzi delle case sono cresciuti del 21% YoY (facile prevedere una frenata del settore con questi dati). La riduzione del potere d’acquisto dei salari cresciuti meno dell’inflazione (e di un quarto rispetto al prezzo degli immobili), unita all’aumento dei tassi, incrementa il potenziale rischio di crescita degli NPL derivante dal settore immobiliare. Facendo i conti, il rialzo dei tassi e l’inflazione si sono mangiati circa l’11% dello stipendio di un americano medio in un anno. Il punto, come abbiamo più volte messo in luce, è che l’inflazione non è da domanda, ma da costi sulla quale la politica monetaria può fare ben poco.
In genere la FED (ma anche le altre banche centrali) aumentano i tassi quando l’economia è in ottima salute e corre il rischio di surriscaldarsi. E’ stato così tra il 2004 e il 2006 e tra fine 2015 e inizio 2019. La recessione del PIL USA avvenne rispettivamente nel 2008 e nel 2020, ovvero a ciclo monetario restrittivo concluso. Questa volta però il PIL USA si è contratto già nel 1Q22 dell’1,4% e ancor prima che la FED avviasse la sua stretta sui tassi. Powell sta quindi restringendo le condizioni monetarie mentre l’economia americana comincia a segnare il passo.
L’Europa, a ben vedere è pure messa peggio. Con i tassi reali ancora negativi, la BCE sta continuando a comprare bond con un’inflazione del 7,5%. A luglio anche in Europa i tassi dovrebbero cominciare a salire ma è probabile che questo coinciderà con una flessione del PIL, quale effetto della crescita dei prezzi dell’energia. Due sono le strade possibili: o le banche centrali ignorano l’inflazione e lasciano correre la ripresa economica, o combattono l’inflazione e guidano le economie verso la recessione.
Secondo il nostro modello, due rialzi consecutivi dei tassi di 0,5 bp ciascuno porterebbe quindi l’economia USA in recessione. Potrebbe tuttavia essere una “recessione pilotata”, ovviamente per quanto questa possa essere pilotata. La flessione del PIL dovuta alla vigorosa stretta monetaria (e due rialzi di 0,5 bp ciascuno lo sono) farebbe sicuramente crollare i prezzi del petrolio e del gas e per questa via incidere pesantemente sui trasferimenti di denaro verso la Russia (al momento 1 mld di dollari al giorno), aumentando la pressione verso Putin. In altre parole, la domanda è se gli USA e l’Europa sono disposti ad accettare una recessione che potrebbe anche essere profonda, pur di far crollare l’economia russa.
Non cambia la nostra strategia. In questa fase riteniamo quindi che gli investitori dovrebbero guardare con cautela ad un allungamento della duration del portafoglio obbligazionario. Considerato infatti l’appiattimento relativo della curva, il rendimento incrementale per detenere scadenze più lunghe potrebbe non essere del tutto compensato dal più elevato rischio. Continuiamo a privilegiare l‘investimento in azioni, almeno fintanto che i tassi di interesse reale rimarranno negativi, verso le aziende di quei settori che sono in grado di aumentare i prezzi finali di vendita ad un aumento dei costi complessivi di produzione.
Per quanto riguarda l’Europa, inoltre, guardiamo a tutte quelle aziende coinvolte dagli investimenti del NextGenerationEU. Sono quelle imprese che operano nel settore della digitalizzazione di prodotto ma anche di processo, della cyber security, della trasmissione di dati su rete fissa o mobile. Ma anche tutte le imprese che operano nella “rivoluzione verde”, da quelle locali a quelli nazionali, senza dimenticare tutte quelle che operano nel settore delle infrastrutture e della salute.
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