Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Se gli italiani possedessero l’etica del lavoro dei giapponesi, potrebbero essere i padroni del pianeta. Grazie al cielo non ce l’hanno (Bill Bryson).
Nessun dato significativo per i mercati in uscita oggi. Quali sono le sfide che attendono il nostro Paese nei prossimi mesi? Fra tutte l’aggiustamento dei conti pubblici. Negli ultimi due anni lo scostamento di bilancio complessivo è stato pari a circa 185 miliardi di euro. Nel 2022, secondo le stime del Governo, il rapporto deficit/pil dovrebbe ridursi al 5,6% (dal 9,4% del 2021) e arrivare al 3,9% nel 2023. Lo scoppio della guerra e tutti i problemi economici che questa si porterà dietro (non siamo infatti ancora arrivati al cessate il fuoco) potrebbero tuttavia ritardare il rientro del deficit, anche alla luce della risalita dei tassi di interesse e della pressione politica sulla spesa pubblica (come si è visto nell’ultima legge di Bilancio). I settori in crisi, se gli effetti della guerra dovessero farsi ancora più forti, potrebbero infatti portare ad un rallentamento economico generale maggiore del previsto, e necessiterebbero di nuove risorse da reperire con un ulteriore scostamento di bilancio (al momento sotto la valutazione dell’esecutivo) che abbiamo stimato in circa 30 miliardi (circa un punto e mezzo di Pil). Da non sottovalutare inoltre la questione demografica che sta diventando una delle variabili economiche di maggior peso, ancor di più per l’Italia, che potrebbe avere nel medio periodo un impatto sull’offerta di lavoro.
In positivo abbiamo che dopo l’anticipo di 25 miliardi nell’agosto dello scorso anno, il 2022 prevede il versamento di due rate, per un totale da 40 miliardi, per il Recovery Plan, ovviamente legati al rispetto da parte dell’Italia di 100 condizioni (83 quantitative e 17 qualitative) delle quali a giugno ci sarà la prima verifica. Secondo l’Osservatorio dell’Università Cattolica di Milano guidato da Carlo Cottarelli, le principali riforme che dovranno essere varate entro giugno dall’Italia saranno l’avvio del nuovo Codice dei contratti pubblici e degli appalti, le disposizioni per combattere l’evasione fiscale e la pianificazione della spending review. Entro fine anno invece dovranno essere assegnati i lavori per l’alta-velocità sulle tratte Napoli-Bari e Palermo-Catania e dovrà arrivare l’approvazione della legge sulla concorrenza e che riguarderà le concessioni per rifiuti, trasporti locali e distribuzione del gas. Per 23 delle 100 condizioni del 2022, nota l’Osservatorio, sarà cruciale il ruolo del Parlamento. Fondamentali per lo sviluppo del Paese sono quindi gli investimenti del PNRR. Rispetto allo scenario base nel 2023 per esempio, il PIL è atteso crescere del 3% in più mentre l’occupazione del 3,2% in più. E cosi anche per gli anni dal 2024 al 2026. Già da questi due semplici dati si percepisce il cambiamento del paradigma economico Italiano nei prossimi anni e perché il PNRR potrebbe essere definito il new deal.
Con lo scenario sopra delineato, riteniamo che i settori da privilegiare siano tutti quelli interessati dal PNRR. In particolare quelle imprese che operano nel settore della digitalizzazione di prodotto e di processo, della cyber security, della trasmissione di dati su rete fissa o mobile. Ma anche tutte le imprese avamposto della rivoluzione verde, da quelle locali a quelli nazionali, senza dimenticare tutte quelle che operano nel settore delle infrastrutture e della salute. La crescita delle imprese nazionali che operano in questi settori, dovrebbe in seguito anche fare da volano per la loro ulteriore espansione internazionale, a beneficio della redditività.
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