Il punto sul mercato di Integrae SIM

“I mercati non si muovono per la verità. Si muovono per ciò che credono vero.” (George Soros)
Le borse europee hanno chiuso la seduta di mercoledì in rialzo, ma lontane dai massimi di giornata: STOXX 600 +0,5%, DAX +0,8%, CAC +0,5%, FTSE 100 +0,2%, mentre il FTSE Mib guadagna un simbolico +0,02%, mantenendosi appena sopra i 40.000 punti. Il sentiment resta cauto, con l’attenzione rivolta alla dinamica dei dazi commerciali: oggi entrano in vigore le tariffe USA sull’acciaio, anche se per il Regno Unito resta in sospeso un dazio temporaneo del 25% fino alla firma di un nuovo accordo bilaterale. Nel frattempo, si parla di un possibile colloquio tra Trump e Xi entro venerdì, ma Pechino non ha ancora confermato. Sullo sfondo, crescono le tensioni sulle terre rare, con l’industria automobilistica preoccupata per i potenziali colli di bottiglia nella fornitura di magneti. Il rischio? Fermate produttive entro poche settimane. Intanto, l’indice PMI composito dell’Eurozona scende a 50,2, minimo da tre mesi, segnalando quasi stagnazione. L’inflazione, però, supporta le attese di un taglio dei tassi da parte della BCE nella riunione di giovedì.
Stati Uniti: entusiasmo sottotraccia, ma la Fed resta sotto osservazione
Wall Street archivia una seduta mista e poco significativa. Lo S&P 500 centra il terzo rialzo consecutivo, ora in progresso del +19,8% dai minimi post “Giorno della Liberazione” dell’8 aprile. Tuttavia, il vero tema della giornata è l’ondata di dati deboli che alimenta l’attesa per il job report di venerdì. L’indice ISM servizi torna in territorio negativo e l’ADP di maggio delude, pur con una componente occupazionale tornata in espansione. Le nuove pressioni sui tassi rafforzano l’aspettativa che la Fed sia spinta ad allentare la politica monetaria: Trump stesso ha rilanciato l’appello ai tagli, sottolineando che il contesto macro richiede una “mano ferma”. In attesa di conferme sul possibile colloquio con Xi, il mercato si interroga: le aspettative sono troppo alte? Lo stesso Trump ha definito Xi un interlocutore “complicato” e suscettibile al discorso del “TACO” acronimo ormai entrato nella retorica del protezionismo. Più costruttivo il dialogo con l’Europa, dove l’USTR sottolinea progressi nei negoziati commerciali. Restano forti le incertezze sul maxi disegno di legge fiscale: pur atteso al passaggio in Senato, le sue implicazioni sui conti pubblici sono sotto la lente, con il CBO che stima un aggravio di $ 2,42 trilioni sul deficit decennale!
Outlook: l’Europa ritrova appeal, ma il trade resta un campo minato
C’è un tema che ha cominciato a circolare con più forza: il ritorno di interesse degli investitori globali sull’Europa. Secondo Bloomberg, grandi nomi come Apollo, BC Partners e Permira stanno aumentando l’esposizione ai mercati europei, visti come più stabili rispetto agli USA. A rafforzare l’ottimismo, la performance di maggio dello STOXX 600, la migliore dal 2005, trainata dai settori ciclici. Deutsche Bank ha rivisto al rialzo le stime di crescita dell’Eurozona per il 2025 allo 0,8%, e della Germania allo 0,3%, con un’accelerazione fino al 2,0% nel 2027 grazie a misure fiscali espansive. La narrazione che emerge è quella di un potenziale “eccezionalismo europeo”, dove i rischi legati ai dazi sono bilanciati da investimenti in difesa e da una maggiore autonomia strategica. Una visione condivisa anche da JPMorgan, che intravede opportunità strutturali nonostante gli ostacoli di breve periodo. Ma non mancano voci più caute: Citi avverte che la forza dell’Eurozona nel primo semestre è legata al frontloading legato ai dazi, con un possibile calo dello 0,3% nel secondo semestre, ancor prima dell’impatto pieno delle nuove tariffe. Il mercato, come spesso accade, oscilla tra visioni opposte. E il rischio maggiore, forse, non è nelle cifre, ma nell’eccesso di narrazione.