Il punto sul mercato di Integrae SIM

«La prudenza è la virtù di chi sa che l’equilibrio non è statico, ma un continuo adattamento.» (Montesquieu)
Le borse europee hanno chiuso in rialzo la seduta di mercoledì: Stoxx 600 +0,7%, FTSE +0,1%, DAX +1,2%, CAC +1%, FTSE Mib +0,8%, con l’indice paneuropeo che ha toccato un nuovo massimo storico. Il sentiment è stato sostenuto dal miglioramento delle aspettative economiche e dal tono rassicurante della BCE.
Il governatore Kocher, successore di Holzmann e noto esponente dell’ala più rigorista, ha affermato che la guerra commerciale di Trump ha avuto un impatto molto più contenuto del previsto su crescita e inflazione. Tuttavia, ha avvertito che l’attuale livello di dazi, “i più alti dagli anni Trenta”, rappresenta un rischio bidirezionale: disinflazionistico se le catene di fornitura si riorganizzano a vantaggio dell’Europa, inflazionistico se le tensioni geopolitiche dovessero aggravarsi.
Kocher ha aggiunto che eventuali nuovi tagli del tasso di deposito (oggi al 2%) richiederebbero rischi concreti di contrazione del PIL e disinflazione marcata, definendo le prossime proiezioni BCE fino al 2028 “puramente indicative”. Secondo Danske Bank, l’istituto di Francoforte proseguirà con una normalizzazione quantitativa graduale, mantenendo liquidità elevata e sostenendo la domanda di titoli governativi, elementi che dovrebbero continuare a comprimere gli spread europei nel 2025-26.
Wall Street contrastata, la Fed si divide sui tagli
Chiusura mista per Wall Street: Dow +0,68%, S&P 500 +0,06%, Nasdaq -0,26%, Russell 2000 -0,30%. L’attenzione si è concentrata sul dibattito interno alla Federal Reserve, che appare sempre più frammentato.
La linea dovish (Miran e Waller) spinge per nuovi tagli ai tassi a causa del rallentamento del mercato del lavoro, mentre la fazione hawkish (Schmid, Logan, Hammack) teme che la discesa dell’inflazione possa fermarsi prima del target. Il FedWatch Tool assegna oggi una probabilità del 70% a un taglio a dicembre, invariata dalla riunione del 29 ottobre, quando Powell aveva sottolineato che la decisione era “tutt’altro che scontata”.
L’assenza di nuovi dati macro, causata dal prolungato shutdown governativo, complica l’analisi. Gli ultimi dati ADP e Challenger hanno segnalato un indebolimento dell’occupazione, ma la mancanza di indicatori ufficiali impedisce di valutare se la tendenza sia strutturale. Intanto, il mercato continua a prezzare oltre 80 punti base di tagli entro il 2026.
L’Europa torna attrattiva nel confronto con gli USA
Gli analisti vedono nell’attuale fase un possibile punto di svolta per l’equity europeo. Dopo un lungo periodo di sottoperformance rispetto agli Stati Uniti, l’area euro mostra segnali di forza relativa: valutazioni più attraenti, PMI in ripresa e revisione positiva degli utili.
Goldman Sachs ha alzato le proprie stime sullo Stoxx 600 a 595 punti, prevedendo un total return dell’8% nei prossimi dodici mesi. In parallelo, la BCE mantiene una politica di paziente stabilità, cercando di non irrigidire i mercati.
In sintesi, il messaggio degli operatori è chiaro: il ciclo europeo non è immune dalle incertezze globali, ma per la prima volta da mesi il rischio percepito è più politico che economico. E in Borsa, questo basta per far tornare gli acquisti.