Il punto sul mercato di Integrae SIM

“Tutti vogliono cambiare il mondo, ma nessuno se stesso” (Lev Tolstoj)
I segnali di warning aumentano. I mercati azionari europei sono contrastati, annaspando nella seconda parte della seduta di mercoledì: STOXX 600 (0,1%), FTSE 100 +0,2%, DAX +0,3%, CAC +0,2%, FTSE Mib +0,65%, consolidando sopra i 40.000 punti. Il nuovo studio pubblicato dalla Banca Centrale Europea mette in guardia sulle possibili ripercussioni occupazionali e inflattive di un’escalation tra Stati Uniti e Cina: in caso di rialzo dei dazi americani, l’afflusso di beni a basso costo cinesi verso l’Europa potrebbe accelerare fino al +10% entro il 2026, riducendo i prezzi e comprimendo ulteriormente l’inflazione. Dal 2015 al 2022, l’impatto della concorrenza cinese ha già causato la perdita o riallocazione di circa 240.000 posti di lavoro, con una correlazione evidente: ogni incremento di €1.000 di importazioni cinesi per lavoratore comporta un calo dello 0,1% del tasso occupazionale nei settori esposti. Automotive e chimica sono le filiere più colpite: nel quinquennio 2019-2024, le importazioni dalla Cina sono cresciute rispettivamente del 150% e del 140%, mentre le offerte di lavoro sono crollate del 55% e del 95%. La minaccia tocca potenzialmente 29 milioni di lavoratori, quasi un quarto della forza lavoro dell’Eurozona: una pressione competitiva che rende urgente una strategia industriale comune e mirata.
Buyback da record e rally tech alimentano Wall Street
Oltreoceano, la seduta di mercoledì si è chiusa con indici prevalentemente positivi: Dow +0,18%, S&P 500 +0,73%, Nasdaq +1,21%, mentre il Russell 2000 ha ceduto lo 0,20%. A trainare i listini sono stati ancora una volta i big tech, con Apple, Tesla e META in netto recupero. Ma l’attenzione si concentra anche sul ritorno dei riacquisti azionari: secondo dati Bloomberg/Birinyi, a luglio le aziende USA hanno annunciato buyback per $166 miliardi, record mensile assoluto. Il totale 2025 è già a $926 miliardi, con stime che puntano oltre quota $1.000 miliardi entro fine anno! Tuttavia, Bank of America ha segnalato una decelerazione nella seconda metà dell’anno, complice la pressione dei tassi e le valutazioni elevate. Cresce dunque l’attesa per un possibile shift verso i dividendi, rimasti indietro rispetto alla crescita degli utili: il payout ratio è ai minimi storici dal post-Covid. Il mercato sembra comunque ancora sorretto dalla narrativa positiva su utili forti, intelligenza artificiale, ripresa delle aspettative di taglio dei tassi, M&A e chiarezza sulla politica fiscale, anche se non mancano le ombre legate a stagionalità sfavorevole, concentrazione eccessiva e Capex AI.
L’indipendenza statistica nel mirino di Trump
Il licenziamento della presidente del Bureau of Labor Statistics, Erika McEntarfer, ha scosso i mercati obbligazionari USA, in particolare il comparto dei TIPS (Treasury Inflation-Protected Securities), direttamente legati all’indice dei prezzi al consumo calcolato dalla stessa agenzia. La mossa di Trump, che da mesi spinge per tagli dei tassi, rischia di minare la fiducia nei dati ufficiali: “L’integrità di queste statistiche è cruciale quanto quella dei dati occupazionali”, ha dichiarato Michael Feroli, capo economista USA di JPMorgan. L’effetto potrebbe essere devastante per la determinazione dei rendimenti reali e delle aspettative di inflazione, proprio mentre il CPI di luglio atteso per la prossima settimana dovrebbe mostrare valori ancora sopra il 2%, ben lontani dall’obiettivo della Fed. Sullo sfondo, crescono i timori di un’eccessiva politicizzazione delle agenzie federali, tra pressioni sulla Federal Reserve, cambi ai vertici delle istituzioni e nuove dichiarazioni aggressive del presidente, che promette nuovi dazi su farmaci, semiconduttori e India.