Il punto sul mercato di Integrae SIM

“La pratica mette il cervello nei muscoli.” (San Snead)
I due binari non piacciono ai mercati. Le Borse del Vecchio Continente hanno chiuso deboli martedì: STOXX 600 –0,4 %, FTSE –0,7 %, DAX –0,5 %, CAC 40 –0,5 %, FTSE Mib –0,66 % sotto i 40 000 punti, riflettendo la brusca riapertura del fronte commerciale. Nel fine-settimana Donald Trump ha minacciato un dazio “blanket” del 30 % su import UE e Messico dal 1 agosto, misura aggiuntiva rispetto alle aliquote settoriali. L’uscita segue la stretta al 35 % sul Canada e il recente 50 % sul rame, alimentando l’impressione di una strategia a gradini crescenti. L’Europa, che ha già minacciato contromisure su €72 miliardi di merci statunitensi, appare divisa fra l’urgenza di un accordo e la necessità di non mostrarsi arrendevole; nel frattempo gli operatori discutono se la tenuta dei listini non segnali una pericolosa complacency. La narrativa di mercato sottolinea che, dopo aver digerito senza traumi le lettere tariffarie indirizzate a partner minori, gli investitori rischiano ora di sottovalutare l’impatto di uno scontro diretto con Bruxelles.
Bruxelles estende la tregua, ma prepara ritorsioni; la macro si concentra sul CPI USA
La Commissione ha prorogato la sospensione dei propri countermeasures fino a inizio agosto: la presidente von der Leyen insiste su un percorso “a due binari”, preferendo il negoziato ma tenendo pronta la risposta. Le capitali reagiscono in ordine sparso: Macron chiede «contro-tariffe credibili», il cancelliere Merz avverte che il 30 % sarebbe devastante per l’industria tedesca. Secondo stime Goldman Sachs, l’imposizione minacciata ridurrebbe il PIL dell’Eurozona di circa 1,2 % entro il 2026; Berenberg definisce l’andamento USA «erratico» e giudica ancora probabile un compromesso al 10%, ma riconosce che ormai i rischi pendono verso aliquote più alte. In questo contesto il CPI di giugno statunitense, in linea con le attese è un elemento che potrebbe rafforzare l’idea di un’inflazione in graduale raffreddamento. Il dato è cruciale per la Fed! Dopo l’ultimo meeting, Powell ha ribadito che servono «più informazioni» prima di riavviare i tagli, mentre il rialzo dei Treasury nella prima metà dell’anno pone ora una barriera più alta per ulteriori guadagni.
Wall Street arretra, ma il caso Powell e la saga Nvidia-Cina dominano
A Wall Street l’indice S&P 500 ha toccato un nuovo massimo intraday prima di girare in rosso e chiudere a –0,40 %, trascinato da vendite trasversali (oltre il 90 % dei titoli in calo) che hanno penalizzato soprattutto le smallcap (Russell 2000 –1,99%). La pressione politica su Jerome Powell non si attenua: indiscrezioni su possibili dimissioni, alimentate dalle critiche dell’OMB al costo della nuova sede Fed, hanno riacceso il dibattito sull’autonomia della banca centrale. Secondo Deutsche Bank il mercato sottovaluta l’ipotesi di un’uscita anticipata, evento che potrebbe indebolire il dollaro e spingere in alto la parte lunga dei rendimenti, senza garantire però i rate cuts auspicati dalla Casa Bianca (solo due membri FOMC vedono 75 punti base di easing nel 2025, con dot di lungo periodo fermo al 3%). Sul fronte corporate, la notizia che Nvidia potrà riprendere la vendita del chip H20 in Cina, dopo un incontro tra Jensen Huang e Trump, ha offerto sollievo al settore, aprendo anche alla possibilità di un nuovo processore RTX PRO dedicato a Pechino. Gli analisti vedono un potenziale boost pluriennale agli utili e un parziale sospiro di sollievo per AMD, pure colpita dalle restrizioni di export. In secondo piano, la stagione delle banche si è aperta con trimestrali JPMorgan, Wells Fargo e Citi superiori alle attese sugli utili, ma con i margini da interesse sotto pressione a causa del costo della raccolta: segnale che il mix tassi-depositi resterà un tema chiave per tutto il semestre.