Il punto sul mercato di Integrae SIM

“Quando le tensioni geopolitiche dettano l’agenda dei mercati, la prudenza diventa la strategia più redditizia.” (Mohamed El-Erian)
La paura è sempre la geopolitica. Seduta positiva giovedì per le Borse europee, che hanno archiviato la giornata con rialzi generalizzati: STOXX 600 +0,4%, FTSE 100 +0,5%, DAX +0,5%, CAC 40 +0,2%, FTSE Mib +0,4%. Al centro dell’attenzione la pubblicazione ieri del verbale della riunione BCE di giugno, quando l’istituto centrale ha tagliato i tassi di 25 punti base, portando il tasso sui depositi al 2%. Dalle minute emerge che la decisione è stata presa principalmente per tutelare l’obiettivo di inflazione del 2%, previsto per il 2027. È emerso però che alcuni membri del Consiglio avrebbero preferito lasciare invariati i tassi, fattore che aumenta significativamente le probabilità di una pausa nella riunione di luglio, coerente con le attese di mercato che vedono un ultimo taglio a settembre. L’incertezza economica resta elevata, anche se la BCE ha sottolineato la resilienza del mercato del lavoro europeo e ritenuto che l’attuale livello dei tassi non ostacoli significativamente la crescita. Un euro forte, però, continua a esercitare pressione ribassista sull’inflazione e sulle esportazioni, complicando il quadro decisionale dell’istituto centrale.
Wall Street festeggia il pacchetto fiscale di Trump e dati sul lavoro
Chiusura brillante ieri anche per Wall Street, con gli indici principali nuovamente ai massimi storici: Dow Jones +0,77%, S&P 500 +0,83%, Nasdaq +1,02%, Russell 2000 +1,02%. Gli investitori hanno accolto positivamente il passaggio definitivo alla Camera del maxi piano fiscale denominato “One Big Beautiful Bill“, fortemente voluto dal presidente Trump e approvato appena in tempo per la celebrazione dell’Independence Day. Dopo un dibattito acceso e lunghe trattative politiche dietro le quinte, il pacchetto è riuscito a ottenere il consenso necessario, nonostante alcuni ritardi tattici da parte del deputato democratico Jeffries. Sul fronte macroeconomico, il mercato ha assimilato con prudenza i dati contrastanti sui nuovi posti di lavoro di giugno: sebbene il dato complessivo abbia superato le attese, mostrando robustezza, le cifre relative all’occupazione privata e alla crescita dei salari orari hanno deluso, fornendo ulteriori elementi al dibattito sulle tempistiche di un prossimo taglio dei tassi da parte della Fed. Proseguono intanto le pressioni di Trump sul presidente della Fed Powell, con il presidente USA che ieri ha chiesto via social le sue immediate dimissioni. Poche novità, invece, sul fronte commerciale, con il Segretario al Tesoro Bessent che ha avvertito alcuni partner commerciali del possibile ritorno a tariffe elevate in assenza di concessioni adeguate nelle trattative in corso.
Per le banche centrali il nuovo grande rischio è geopolitico
Le tensioni commerciali e le instabilità geopolitiche sono ormai percepite dalle principali banche centrali come la minaccia numero uno alla stabilità finanziaria globale, superando anche la tradizionale paura della volatilità economica. È quanto emerge dall’ultimo rapporto annuale di UBS, basato su interviste a circa 40 istituti centrali tra maggio e giugno di quest’anno. Secondo lo studio, il 73% degli intervistati indica l’escalation della guerra commerciale come il maggior pericolo per i mercati globali, mentre un ulteriore 51% teme una recrudescenza nei conflitti militari. La volatilità economica, storicamente in cima alla lista, scende al terzo posto, segnalata dal 49% dei partecipanti. Il cambiamento più netto riguarda l’uso delle riserve valutarie come strumento politico o arma economica: questa preoccupazione è passata dal 14% del 2023 al 49% di quest’anno. Sul fronte dell’allocazione degli investimenti, l’oro continua a essere visto come l’asset più affidabile su un orizzonte di cinque anni, in grado di fornire rendimenti adeguati al rischio crescente. Questo cambio radicale nella percezione del rischio segna un momento chiave per le politiche di gestione delle riserve internazionali, sottolineando l’impatto profondo che fattori geopolitici e conflitti commerciali esercitano oggi sulle strategie di investimento e sulle decisioni monetarie globali.