Il punto sul mercato di Integrae SIM

“Le tasse e le tariffe commerciali non sono mai temporanee quanto sembrano.” (Milton Friedman)
I negoziati più lunghi della storia? Seduta debole quella di lunedì per le borse europee, con gli indici principali in leggero ribasso: STOXX 600 -0,4%, FTSE 100 -0,4%, DAX -0,5%, CAC 40 -0,3%. Controcorrente il FTSE Mib, che ha registrato un modesto rialzo (+0,13%). Al centro dell’attenzione degli investitori ancora i negoziati commerciali con gli Stati Uniti, con segnali incoraggianti sull’accordo USA-UE previsto entro il 9 luglio. Secondo Bloomberg, Bruxelles starebbe valutando la proposta americana di una tariffa universale del 10%, accettabile per la UE solo con alcune eccezioni settoriali mirate. Nel frattempo, il premier britannico Carney ha annunciato ieri la ripresa dei negoziati commerciali tra USA e Canada, dopo che Ottawa ha ritirato la controversa tassa sui servizi digitali criticata da Trump venerdì scorso. Rimane invece in dubbio l’accordo tra Stati Uniti e Giappone: Trump ha dichiarato ieri, con un tono polemico, che il Giappone potrebbe ricevere «soltanto una lettera» che informi sui nuovi dazi, mentre il segretario al Tesoro USA, Bessent, ha avvertito che i paesi più recalcitranti potrebbero vedere ripristinate le tariffe annunciate inizialmente il 2 aprile. Intanto, a Washington il Senato prosegue con il voto su numerosi emendamenti alla maxi-legge di riconciliazione fiscale, in attesa del voto finale, che potrebbe slittare di nuovo alla Camera per ulteriori modifiche.
Wall Street ancora sui massimi: Nasdaq e S&P da record
Seduta positiva ieri a Wall Street, con gli indici principali che hanno chiuso vicino ai massimi storici: Dow Jones +0,93%, S&P 500 +0,52%, Nasdaq +0,52%, Russell 2000 +0,02%. Sia l’S&P 500 che il Nasdaq hanno aggiornato i loro record assoluti, sostenuti da una modesta accelerazione pomeridiana grazie alle buone notizie sul commercio internazionale. Complessivamente Wall Street ha chiuso il migliore primo semestre dal 2023. Di riflesso il dollaro ha invece chiuso la prima metà dell’anno peggiore dal 1973, svalutandosi di oltre il 10% rispetto all’euro. In particolare, la ripresa dei colloqui commerciali con il Canada e la crescente probabilità di un rapido accordo con l’Europa hanno incoraggiato gli acquisti. Resta tuttavia elevata la volatilità politica: il presidente Trump continua a esercitare pressioni per approvare rapidamente la maxi-legge fiscale prima del 4 luglio, nonostante alcune incertezze procedurali al Congresso. Da evidenziare anche il contesto macroeconomico favorevole a una politica monetaria più accomodante, con ulteriori aspettative di un possibile taglio dei tassi da parte della Fed, sulla quale Trump esercita crescenti pressioni politiche.
Musk attacca Trump sul debito
Il fondatore di Tesla, Elon Musk, ha rinnovato le sue critiche al massiccio piano fiscale voluto dal presidente Trump, definendo il disegno di legge come una «spesa folle» che aumenterebbe il tetto del debito federale di «un record di $5 trilioni». Musk, tramite il suo account sulla piattaforma X, ha accusato entrambi i partiti politici americani di essere ormai indistinguibili nella loro propensione a spendere senza controllo, proponendo provocatoriamente la nascita di un «nuovo partito politico che si preoccupi davvero delle persone». Le tensioni fra Musk e Trump sul tema del debito pubblico e della politica fiscale si erano già manifestate in passato, ma queste ultime dichiarazioni potrebbero alimentare nuove polemiche politiche. Parallelamente, emergono analisi sempre più critiche sull’impatto del piano fiscale e di spesa di Trump sul settore delle energie rinnovabili negli Stati Uniti. Secondo un’analisi riportata ieri da Politico, la legislazione proposta dal Senato prevede nuove tasse e restrizioni sui progetti solari ed eolici che utilizzano componenti cinesi dopo il 2027, oltre ad accelerare la conclusione dei crediti fiscali per i veicoli elettrici (EV). Questo scenario potrebbe portare a una perdita di capacità rinnovabile pari a circa 500 gigawatt negli USA, in netto contrasto con le politiche europee che hanno già portato le rinnovabili a generare un quinto dell’elettricità del continente. In questo quadro, diverse aziende europee quotate potrebbero beneficiare indirettamente della minore concorrenza americana, attirando investimenti e partnership strategiche sul mercato interno. Sotto i riflettori anche alcune small cap italiane. Tuttavia, alcune aziende europee con significative operazioni negli Stati Uniti, potrebbero dover rivalutare attentamente le proprie strategie di mercato, trovandosi potenzialmente penalizzate dal nuovo contesto normativo americano.