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Insights 18 Giu 2025

Il punto sul mercato di Integrae SIM

“Le tensioni geopolitiche sono come la nebbia: quando si alzano, nessuno sa davvero dove finirà la strada.” (Ray Dalio)

Energia al centro della scena. Chiusura negativa martedì per le borse europee: STOXX 600 -0,9%, FTSE 100 -0,5%, DAX -1,1%, CAC 40 -0,8% e il FTSE Mib che perde l’1,36%. Le tensioni geopolitiche tra Israele e Iran pesano sempre più sugli energetici, con i prezzi del petrolio in forte rialzo: il Brent incorpora ora un premio geopolitico di $10 al barile, aumentando il flusso di cassa delle major petrolifere europee come Shell e TotalEnergies. Secondo JPMorgan, ogni aumento di $10 al barile genera circa 200 punti base in più di rendimento del free cash flow e 100 punti base in più di ritorno totale agli azionisti per queste società. Tuttavia, gli analisti restano cauti sull’effettiva durata di questi rialzi. Oddo ha recentemente ribadito la sua previsione base di $65 al barile per il 2025-2026, suggerendo che gli attuali livelli possano essere temporanei. Sul fronte del gas, la situazione è più complessa: il deficit strutturale dell’Egitto sta sostenendo la domanda di GNL, mentre la persistente interruzione del giacimento israeliano di Leviathan crea ulteriori rischi sulle importazioni estive di gas egiziano e sulle esportazioni di GNL verso Turchia ed Europa. Nonostante i possibili squilibri nel breve termine, Goldman Sachs prevede ancora un eccesso di offerta dal 2028 grazie alle espansioni produttive degli Stati Uniti.

Wall Street in calo con Trump che alza i toni sull’Iran

A Wall Street gli indici hanno chiuso negativi, vicini ai minimi di giornata: Dow Jones -0,65%, S&P 500 -0,78%, Nasdaq -0,83%, Russell 2000 -0,91%. Il ribasso segue il deciso peggioramento del quadro geopolitico. Il presidente Trump ha affermato che gli Stati Uniti «hanno il controllo totale dei cieli iraniani» e ha richiesto la «resa incondizionata» dell’Iran, dichiarando che gli USA sanno dove si nasconde il leader supremo iraniano, ma per ora escludono un attacco diretto. Secondo Axios e il New York Times, Trump sta valutando concretamente un intervento militare diretto, in particolare per supportare Israele nel colpire l’impianto nucleare di Fordo. Anche il vicepresidente Vance ha confermato questa possibilità, precisando però che la decisione finale spetta solo al presidente. Nonostante l’accesa retorica e l’alto rischio geopolitico, la reazione sui mercati finanziari è stata limitata. Gli analisti di RBC Capital Markets tuttavia avvertono che questa crisi si presenta in un momento complicato per le azioni americane, con il rischio concreto di pressioni negative su valutazioni, sentiment e prezzi del petrolio. Resta da vedere quanto ancora i mercati possano restare indifferenti a una situazione così instabile.

Dollaro sotto pressione: nuovi segnali di sfida al dominio USA

Sul mercato valutario emergono nuovi segnali che mettono in discussione la storica egemonia del dollaro. Un numero crescente di esportatori globali sta chiedendo alle controparti americane di regolare le transazioni in valute alternative, come euro, yuan cinese, peso messicano o dollaro canadese. La tendenza è alimentata dalla forte volatilità del dollaro, che quest’anno ha perso circa l’8% contro un paniere di valute internazionali. «Dall’Asia orientale all’America Latina, sempre più esportatori preferiscono denominare i contratti in euro, yuan o addirittura valute locali», sottolinea Karl Schamotta, chief market strategist di Corpay a Toronto. Questo trend riflette l’intento degli operatori globali di limitare l’esposizione ai rischi legati alle oscillazioni del biglietto verde. Se la situazione dovesse consolidarsi, potrebbe cambiare profondamente gli equilibri commerciali globali, indebolendo ulteriormente la valuta americana e mettendo potenzialmente sotto pressione i rendimenti degli asset denominati in dollari. Una situazione in evoluzione, ma che potrebbe diventare una vera e propria sfida strutturale per gli Stati Uniti in un periodo già segnato da profonde incertezze geopolitiche ed economiche. Ancora una volta, i mercati sono chiamati a misurare i rischi e anticipare scenari di difficile lettura: in gioco non c’è solo la stabilità delle quotazioni, ma forse la stessa architettura finanziaria internazionale.