Il punto sul mercato di Integrae SIM

“I mercati vivono di fiducia. Quando la perdi, non ci sono tassi d’interesse che bastino a salvarli.” (Ray Dalio)
Borse toniche, quadro economico in deterioramento. Le piazze europee hanno chiuso in rialzo mercoledì, sull’onda del secondo giorno di rimbalzo di Wall Street. Il FTSE Mib è stato tra i migliori, con un +1,4% che lo ha riportato sopra quota 36.000 punti. Il sentiment è stato sostenuto dalle parole rassicuranti del presidente Trump, che ha escluso l’ipotesi di licenziare Powell e ha aperto a possibili tagli ai dazi contro la Cina, rilanciando le speranze di una distensione commerciale. Tuttavia, i fondamentali restano deboli: secondo Reuters, le aziende europee dovrebbero riportare un calo del 3,5% degli utili nel primo trimestre, in peggioramento rispetto al -3% atteso solo una settimana fa. Se confermata, si tratterebbe della peggiore trimestrale dall’ultimo trimestre del 2023. Le previsioni sui ricavi sono scese all’1,4%, contro il 2,5% previsto la scorsa settimana. Saxo Bank osserva che il forte calo delle stime potrebbe aprire opportunità selettive, soprattutto tra le aziende domestiche più difensive. A forte sconto le small cap di Piazza Affari.
Wall Street rimbalza, ma prevale l’incertezza sul quadro negoziale
Negli Stati Uniti, gli indici hanno chiuso ancora in rialzo: S&P 500 +1,67%, Nasdaq +2,5%, Dow Jones +1,07%. È il secondo giorno consecutivo di rialzi generalizzati, trainati in particolare dai titoli tech: le Magnifiche 7 hanno guidato il recupero, con Tesla in evidenza nella prospettiva di un ritorno di Elon Musk a tempo pieno in azienda. Positive anche le performance di titoli retail e dei nomi più shortati, mentre restano i dubbi sulla solidità del trend. Il rally è stato alimentato dalle aperture di Trump sul fronte Fed e Cina: il presidente ha confermato la fiducia a Powell e ha dichiarato che, in caso di accordo con Pechino, i dazi verrebbero sostanzialmente ridotti (senza azzerarli). La Casa Bianca starebbe valutando un taglio delle tariffe fino al 50-65% rispetto all’attuale 145%, ma il Tesoro ha chiarito che non ci sarà alcun taglio unilaterale: servirà un accordo completo, che potrebbe richiedere 2-3 anni. Intanto, alcune società hanno segnalato risultati trimestrali incoraggianti nel contenimento dell’impatto dei dazi.
Scontro commerciale in evoluzione, ma segnali misti dai mercati
L’amministrazione americana starebbe valutando due alternative negoziali: una prevede dazi al 35% su beni non strategici e oltre il 100% su beni strategici, da applicare in modo graduale nei prossimi cinque anni. Il messaggio di Trump: “sarò molto gentile con la Cina”, suggerisce un cambio di tono, anche se Pechino finora non ha dato segnali di apertura. Nel frattempo, i mercati restano sospesi tra ottimismo tattico e dubbi strutturali. Le parole di Cathie Wood (ARK Invest) offrono una lettura controcorrente: secondo la manager americana, lo “shock tariffario” potrebbe rivelarsi una mossa strategica per spingere i partner a sedersi al tavolo. Ma gli investitori sanno che la fiducia si costruisce sul lungo periodo: senza certezze sul quadro geopolitico e istituzionale, ogni rimbalzo resta fragile.