Il punto sul mercato di Integrae SIM

“Le guerre commerciali sono facili da vincere. Ma solo per chi non guarda i grafici.” (Paul Donovan, Chief Economist UBS)
La settimana scorsa si è chiusa con un’altra giornata negativa per le Borse europee, appesantite dalle tensioni legate all’annuncio delle nuove tariffe auto di Donald Trump, che entreranno in vigore il 3 aprile e colpiranno con un +25% tutti i veicoli non prodotti negli Stati Uniti. Lo STOXX 600 ha chiuso in calo dello 0,8%, il DAX a -1%, il CAC 40 a -0,9%, mentre il FTSE Mib ha perso lo 0,9%, scivolando sotto la soglia psicologica dei 39.000 punti. Nel contesto settimanale, i dati delle principali attività finanziarie confermano un’estensione della correzione: titoli come Nvidia (-6,82%), Tesla (-5,06%) e Trump Media (-4,07%) hanno registrato le peggiori performance settimanali, alimentando il nervosismo sul comparto tech e dei “Magnifici Sette”. Spicca invece la performance positiva dell’oro (+4,72%) su base settimanale, che riflette la crescente domanda di beni rifugio in un contesto di incertezza geopolitica e inflattiva. Piatto il Bitcoin e lontano dai massimi storici.
Wall Street colpita dai Magnifici in ritirata
Dall’altra parte dell’Atlantico, Wall Street ha chiuso in deciso ribasso, con lo S&P 500 in calo dell’1,52%, Nasdaq -2,29%, e il Russell 2000 -1,03%. La giornata è stata definita la seconda peggiore dell’anno per l’S&P e la quarta per il Nasdaq, a conferma di un clima di risk-off sempre più marcato. I riflettori restano puntati su “Liberation Day”, il 2 aprile, data in cui Trump dovrebbe annunciare le tariffe reciproche: l’incertezza è massima, anche perché i dettagli restano vaghi e contraddittori. Intanto, i timori per un ritorno delle pressioni inflattive si riaccendono dopo i dati sopra le attese sull’inflazione core PCE e il brusco calo della fiducia dei consumatori, in un contesto in cui la Fed potrebbe rivedere le proprie intenzioni sui tagli ai tassi. Alcuni componenti della Fed si sono espressi per 2 tagli al massimo in tutto l’anno. Sul fronte societario, i peggiori performer sono stati Alphabet, Amazon, Nvidia e Tesla, in un’ulteriore ondata di vendite che ha colpito i big del tech.
Consumatori sempre più pessimisti: torna lo spettro della stagflazione
A peggiorare ulteriormente il quadro sono arrivate le nuove dichiarazioni della Casa Bianca, che non ha escluso ulteriori dazi settoriali su farmaceutico, legname e semiconduttori, e ha avvertito le case automobilistiche americane di non aumentare i prezzi dopo l’entrata in vigore delle tariffe. Ma è soprattutto il clima di sfiducia a preoccupare: la fiducia dei consumatori americani è crollata al livello più basso da oltre due anni, secondo l’ultima lettura dell’Università del Michigan, con l’indice finale di marzo sceso a 57 punti dai 64,7 di febbraio. Le aspettative d’inflazione a lungo termine sono salite al 4,1%, il livello più alto dal 1993, mentre due terzi dei consumatori si aspettano un aumento della disoccupazione nei prossimi 12 mesi, massimo dal 2009. Tutti segnali che riaprono il dibattito sulla tenuta dell’economia americana, proprio mentre Trump rilancia il suo programma commerciale aggressivo. Per gli investitori, il rischio è che alle tensioni tariffarie si sommi uno scenario di stagflazione, difficile da affrontare sia per le famiglie che per la politica monetaria.