Il punto sul mercato di Integrae SIM

“I mercati si muovono sulle aspettative, non sui fatti.” (Benjamin Graham)
Rimbalzo o tranello? Le Borse europee hanno chiuso la seduta di mercoledì in rialzo, ma ben lontane dai massimi di giornata: lo STOXX 600 ha guadagnato 0,8%, il FTSE 100 ha segnato +0,5%, il DAX è avanzato dell’1,6%, mentre il CAC 40 ha chiuso a +0,6%. Piazza Affari si è contesa con Francoforte il titolo di miglior listino europeo, mettendo a segno un progresso dell’1,61% e consolidandosi sopra i 38.000 punti. Il tentativo di rimbalzo è stato favorito da condizioni tecniche di ipervenduto, dopo due sessioni consecutive di forti ribassi che hanno portato gli indici vicino ai minimi di febbraio. A sostenere il sentiment è stato anche il CPI di febbraio negli Stati Uniti, che ha evidenziato un rallentamento delle pressioni inflazionistiche, attenuando i timori di stagflazione. Tuttavia, l’incertezza legata alle politiche commerciali di Trump e al quadro macro rimane un fattore chiave di instabilità. L’amministrazione statunitense ha inviato segnali contrastanti sui dazi, con Trump che prima ha minacciato di alzare al 25% i dazi su acciaio e alluminio canadesi, per poi lasciare intendere una possibile marcia indietro. Sul fronte europeo, Canada e UE hanno risposto con contromisure, mentre il Segretario al Tesoro Lutnick ha confermato una linea dura sulle tariffe, aumentando i timori di un’escalation commerciale.
La stagflazione si allontana
Oltreoceano, Wall Street ha chiuso in rialzo, con il Dow Jones in leggero calo dello 0,20%, mentre lo S&P 500 ha guadagnato lo 0,49% e il Nasdaq è avanzato dell’1,22%. Tuttavia, l’S&P 500 resta circa il 9% sotto il record del 19 febbraio, segnalando che il mercato sta ancora digerendo la recente correzione che potrebbe essere anche più profonda in caso di aumento delle possibilità di recessione. I profitti aziendali non sono praticamente stati tagliati nel corso degli ultimi 12 mesi. In questo contesto di guarda all’analisi tecnica. Il rimbalzo odierno è stato guidato principalmente da fattori tecnici, con oltre il 60% dei titoli dell’indice che ieri avevano chiuso sotto la media mobile a 200 giorni, un segnale di condizioni eccessivamente negative che ha favorito acquisti opportunistici. Sul fronte macro, i posti di lavoro disponibili negli Stati Uniti sono aumentati a gennaio, toccando quota 7,74 milioni, in crescita rispetto ai 7,51 milioni di dicembre. Le dimissioni volontarie, spesso viste come un segnale di fiducia nel mercato del lavoro, sono aumentate al 2,1%, il livello più alto da luglio. Tuttavia, il miglioramento del mercato del lavoro potrebbe complicare il percorso della Federal Reserve, che spera in un raffreddamento dell’occupazione per giustificare futuri tagli ai tassi. Non ancora scontato il primo taglio del 2025 a giugno.
Pace militare, guerra commerciale?
La guerra commerciale continua a dominare la narrativa di mercato. Le nuove minacce di Trump e le risposte da parte di Canada ed Europa hanno innescato volatilità nei mercati, con il settore manifatturiero particolarmente esposto. Mark Carney, prossimo primo ministro canadese, ha dichiarato che Ottawa non ritirerà le sue contromisure finché gli Stati Uniti non elimineranno le tariffe imposte. Nel frattempo, le nuove incertezze sulla politica commerciale hanno spinto al ribasso il dollaro canadese, mentre i mercati obbligazionari continuano a prezzare un ulteriore allentamento monetario da parte della Bank of Canada, con un taglio ai tassi atteso già dalla prossima riunione. Anche in Europa il contesto macro rimane fragile, con il rallentamento dell’attività economica che mette sotto pressione la BCE, attesa a ulteriori tagli dei tassi nei prossimi mesi nonostante le pressioni dei falchi siano in aumento. Non scontata una manovra finanziaria ad aprile.