Il punto sul mercato di Integrae SIM
«Nella prima metà del Novecento è successo tutto, ma non è cambiato nulla. Nella seconda metà non è successo nulla, ma è cambiato tutto» (Massimo Fini)
Borse in salita, ma il mercato resta concentrato. La giornata di ieri è stata decisamente positiva per tutti i listini mondiali: MSCI World Equity +0,41%, Nasdaq ed S&P 500 entrambi in territorio positivo. L’Europa in scia con l’Eurostoxx 50 e lo Stoxx 600 in rialzo di circa lo 0,3%. Un movimento guidato dai dati macro sullo stato di salute della manifattura: sia in Europa che negli Usa, gli indici dei direttori degli acquisti del settore manifatturiero a maggio sono stati inferiori alle attese e lontani dal target di 50, che delimita l’espansione dalla recessione. In sintesi, si fanno sentire gli effetti del rialzo dei tassi e aumentano le probabilità di un cambio di politica monetaria. Scontata la prima manovra in Europa questo giovedì, per la Fed il traguardo è posto a settembre: le probabilità di un taglio di 25 punti base sono superiori al 50%. Le nuvole all’orizzonte non mancano però: i prezzi del gas, sia negli Usa che in Europa, stanno salendo rapidamente, ponendo le basi per un surriscaldamento dei prezzi in autunno. Per fortuna, il prezzo del petrolio staziona ben sotto $80 (oggi il Brent -4%), nonostante la decisione dell’OPEC+ di mantenere i tagli alla produzione ancora a lungo. Oggi, il calendario macro offre due nuove importanti statistiche: alle 9:55 la variazione della disoccupazione in Germania a maggio e alle 16:00 i nuovi lavori JOLTs di aprile negli Usa.
Traduzione lenta ma inesorabile
La politica monetaria della Fed sta impiegando più tempo del previsto per mostrare i suoi effetti, ma l’impatto degli alti tassi d’interesse si farà sentire. Lo sostiene Paul Doyle, responsabile azionario large cap Europa di Columbia Threadneedle Investments in un commento sui mercati globali. La crescita del credito è debole, sia negli Stati Uniti che in Europa, e si osserva un aumento delle insolvenze su prestiti al consumo e mutui. Escludendo i principali colossi tecnologici (senza Tesla), gli utili del primo trimestre hanno registrato un calo dell’11% rispetto all’anno precedente. Il premio per il rischio azionario è basso, riflettendo l’aspettativa dei mercati sulla politica della Fed, e il divario tra i crediti BBB e B è il più stretto dal 2007, suggerendo un possibile eccesso di ottimismo. Una recessione richiederebbe una contrazione dell’offerta o della domanda di manodopera per ripristinare un equilibrio normale. L’entusiasmo per il settore tecnologico e l’intelligenza artificiale è così alto che qualsiasi delusione potrebbe avere conseguenze significative. Nonostante l’aumento dei prezzi azionari e immobiliari stia migliorando la ricchezza delle famiglie e la fiducia dei consumatori, la politica fiscale continua a essere generosa, con un deficit pubblico che nel 2023 ha superato il 6% del PIL. Nel mercato del lavoro, il tasso di assunzione è ai minimi da sei anni. I prestiti bancari stanno rallentando, l’offerta di moneta è in diminuzione e i fallimenti aziendali sono in aumento. Inoltre, il tasso di risparmio personale è sceso al 3,8%, la metà del livello del 2019.
Il growth non molla
I titoli growth stanno raggiungendo nuovi massimi nell’indice Russell 1000 rispetto ai titoli value. Questo si verifica mentre le società più consolidate del mercato mostrano una forte ripresa, con le prime cinque e dieci società dell’S&P 500 che superano le altre in termini di crescita e concentrazione di capitalizzazione di mercato. Lo sostiene uno studio di RBC Capital sul mercato azionario statunitense. Secondo gli esperti, il passaggio dai titoli growth a quelli value sta rallentando per diverse ragioni. L’aumento dei rendimenti dei titoli di Stato a 10 anni e una riduzione delle aspettative di riduzione dei tassi d’interesse sono tra i fattori principali. Anche il quadro degli utili societari è cambiato, con un aumento delle previsioni a favore delle società orientate alla crescita e delle prime dieci società dell’S&P 500. Le condizioni economiche attuali favoriscono i titoli growth, con una crescita economica prevista al di sotto della media storica. Questo favorisce le società con grandi capitalizzazioni di mercato. Tuttavia, le recenti segnalazioni sugli utili societari hanno attenuato l’ottimismo, poiché le aziende riportano un impatto significativo dell’inflazione sui modelli di spesa dei consumatori. Perché il passaggio dai titoli growth a quelli value possa riprendere, devono verificarsi diverse condizioni, come la stabilizzazione dei rendimenti dei titoli di Stato a 10 anni e una politica monetaria chiara.