Il punto sul mercato di Integrae SIM
“Luglio dal gran caldo, bevi bene e batti saldo” (proverbio)
La prima settimana del secondo semestre si è chiusa in rosso. Un’esperienza “nuova” per i listini che nella prima parte dell’anno avevano mantenuto un ritmo molto costante di settimane con il segno “più. All’orizzonte si riaffaccia lo spettro del “risk off” ovvero di una maggiore prudenza da parte degli investitori: per chi ha guadagnato infatti potrebbe essere arrivato il momento di prendere profitto, per chi è rimasto fuori, di attendere momenti migliori per rientrare. Consideriamo infatti che nel 2023 si sono comportati bene sia gli investimenti azionari che obbligazionari, per cui non è facile neanche impostare una nuova asset allocation senza rischiare di trovarsi all’interno di una fase di correzione che in tanti stanno aspettando. Tra i segnali che favoriscono le prese di beneficio nell’ambito azionario l’aumento della volatilità che in una settimana ha fatto un balzo di oltre il 7%, salita sino ai massimi da fine maggio. Sul fronte obbligazionario invece da segnalare il balzo del rendimento del BTP a 10 anni, tornato sopra il 4,3% dopo essere sceso sotto il 4% a inizio giugno. A meno di 20 giorni dalla riunione della Fed che deciderà, abbastanza scontatamente, di aumentare i tassi aumentare di 25 punti base, a guidare i prezzi di azioni e bond continueranno ad essere i dati macro. Questa settimana il piatto forte sono i prezzi al consumo in Germania a giugno che saranno diffusi martedì alle 8:00, e quelli statunitensi previsti mercoledì alle 14:30. Questi ultimi sono attesi al +3,1% su base annua, la crescita più bassa da aprile 2021.
Liquido è bello
Secondo una indagine di Milano Finanza i volumi sulla Borsa Italiana sono passati dal picco di €1.500 miliardi nel 2007, ovvero nell’anno della crisi dei mutui subprime, sino ai minimi di €600 miliardi della fine del 2021, mentre nel primi 6 mesi del 2023 siamo a circa €250 miliardi. Considerata la bassa volatilità possiamo prevedere che l’anno farà registrare un nuovo minimo. Per favorire un ritorno del nostro listino sui massimi storici, dove stazionano la grande maggioranza delle Borse occidentali, non basta semplicemente il superamento di livelli tecnici sensibili, ma un deciso aumento della liquidità, che corrisponderebbe a un vero cambio di passo e interesse verso il mercato dei capitali. Ricordiamo infatti nell’anno del picco dei 48.000 punti dell’FTSE Mib raggiunto 23 anni fa, alla vigilia dello scoppio della bolla delle dot.com, i volumi del nostro listino erano pari a 870 miliardi. Tra i fattori che dovrebbero favorire l’aumento della liquidità ci sono le IPO. Da inizio anno tra listino principale (Euronext Milan) e quello delle Pmi (Euronext Growth Milan) state portate a termine 16 quotazioni per una raccolta di quasi €1,5 miliardi soprattutto ai 600 milioni di Lottomatica, ai 410 milioni di Eurogroup Laminations e ai 265 milioni di Ferretti. Anche Integrae Sim ha dato il proprio contributo con ben 4 IPO da gennaio 2023 ad oggi, ed un’altra che debutterà martedì 11: Green Oleo.
Non è tutto Pnrr quello che luccica
Secondo i tecnici di Senato e Camera il Piano nazionale di ripresa e resilienza porterà con sé €83 miliardi di debito pubblico in più tra il 2023 e il 2026 e questo solo se si considerano i nuovi progetti. Prendendo in considerazione il Pnrr nel suo complesso l’aggravio sui conti pubblici italiani arriva quasi a sfiorare quota 140 miliardi in tre anni. I dati sono contenuti in un dossier che accompagna la terza relazione sull’attuazione del piano di ripresa italiano, presentata dal ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto che si sta occupando delle trattative con la Commissione europea per sbloccare la terza rata da €19 miliardi su 191,5 miliardi totali che spettano all’Italia. Per capire le ragioni di questo impatto occorre ricordare che su 191,5 miliardi richiesti e ottenuti dall’Italia, 122,6 miliardi sono prestiti, poiché il Governo ha chiesto l’intero ammontare a disposizione, mentre il resto, pari a 68,9 miliardi, sono sovvenzioni a fondo perduto e soltanto queste ultime possono incidere sulla riduzione del deficit. L’analisi dei tecnici parlamentari ci fa quindi capire come sia di fondamentale importanza utilizzare al meglio le risorse per Pnrr per evitare che il Paese si trovi più indebitato avere innescato quella crescita aggiuntiva che ci si attende dal Piano post pandemico. Per il momento l’Italia marcia a una velocità (in termini di Pil) superiore agli altri Paesi leader europei, anche grazie anche all’utilizzo delle prime tranche del Pnrr, ma dovrà fare di più per ridurre il rapporto debito/Pil sui massimi storici.