Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Non puoi fermare cose come bitcoin. Sarà dappertutto e il mondo dovrà riadattarsi (J. McAfee).
Nella diversificazione degli investimenti spesso ci si chiede se le criptovalute rientrano nel novero delle assets class che possono essere prese in considerazione. Le criptovalute sono tra le più significative applicazioni della tecnologia digitale applicata al settore finanziario ma non esistono in forma fisica, generandosi e scambiandosi esclusivamente per via telematica. Se prendiamo per esempio il Bitcoin, la criptovaluta più famosa, può essere scambiato in modalità peer-to-peer, con l’accordo dei partecipanti, tra due dispositivi senza necessità di intermediari per acquistare beni o servizi. Non è quindi un caso che le banche non vedano di buon occhio il Bitcoin e le criptovalute in generale temendo che possano finire per spiazzare il business tradizionale. Ma anche le banche centrali non sono particolarmente felici di avere un complesso di monete in grado di creare base monetaria che sfugge al loro controllo: sarebbe infatti sempre più difficile gestire la politica monetaria e per esempio tenere sotto controllo l’inflazione.
Lo sviluppo di una regolamentazione efficace è ancora in fase iniziale perché si tratta di un ambito difficile da disciplinare visto che coinvolge diversi soggetti pubblici nazionali e su scala globale che operano spesso in sistemi di scambio opachi e al di fuori del sistema finanziario convenzionale.
Detto questo, la domanda da un milione di dollari è: quanto vale il Bitcoin? Utilizzando le classiche metodologie di valutazione dei beni materiali o immateriali, la risposta è immediata: zero, non essendoci nessun valore tangibile o intangibile sottostante. Esiste però un prezzo (che è diverso dal valore), frutto della domanda e dell’offerta come in tutti i beni scambiabili. Non essendoci un valore al quale fare riferimento, ecco spiegata una parte dell’elevata volatilità del prezzo. L’altra componente deriva dei cosiddetti eventi Forks, ovvero dal disallineamento tra i software dei diversi minatori che a volte creano una biforcazione del libro mastro blockchain (dove vengono annotate le transazioni). La fase di stasi per decidere con quale delle due ramificazioni continuare il lavoro e riattivare il protocollo, genera cambiamenti di valore.
Un assets volatile è, come noto, in grado di raggiungere picchi di massimi e di minimi in poco tempo facendo diventare molto ricchi o molto poveri i suoi possessori. Ovvio quindi che i Governi non possano accettare un investimento in grado di distruggere il risparmio che spesso è tutelato dalla Costituzione (come in Italia).
Per la determinazione del suo valore occorre invece considerare un altro punto di vista. Chiediamoci che cosa succederebbe alla nostra economia se l’euro crollasse. I cittadini perderebbero fiducia nella loro valuta e ci vorrebbero anni di lacrime e sangue per risollevarla. E se invece ci fosse una valuta già pronta e utilizzabile subito in tutto il mondo, senza restrizioni e senza limiti. Probabilmente è questo il valore del Bitcoin.
Ma anche tanti altri sono i fattori che influenzano il valore del Bitcoin e delle altre criptovalute in generale. Ecco alcuni esempi:
- Motivi politici. Il regolatore può infatti imporre norme che vietino di investire in assets rischiosi e/o introdurre nuove tasse sui profitti ottenuti;
- Motivi economici. La correlazione tra la fiducia conferita ad un bene e quella dei suoi derivati è diretta: se un titolo crolla, tutti gli altri strumenti finanziari ad esso collegati crolleranno;
- Motivi sociali. Il valore di qualsiasi strumento finanziario sul quale è possibile investire, è dato da un complesso di motivazioni intangibili ad esso collegate ma che non hanno un valore se prese unitariamente: pensiamo alla reputazione, agli scandali, alle truffe.
Alcune recenti analisi attribuiscono il successo delle criptovalute alle politiche monetarie ultra espansive che hanno caratterizzato gli ultimi anni e ne vedono il declino non appena le stesse tenderanno a normalizzarsi. E’ forse un caso che quando le banche centrali hanno cominciato a parlare di un aumento dei tassi, il prezzo delle criptovalute, fra tutte il Bitcoin, ha subito forti flessioni?
Tornando alla domanda iniziale, la risposta che ci sentiamo di dare è che una posizione in criptovalute (da valutare ovviamente a seconda della propria avversione al rischio) contribuisce a diversificare ulteriormente il portafoglio. La riduzione del rischio complessivo dello stesso, dipende ovviamente dalle correlazioni tra le diverse assets class.
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