Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Quello che il prezzo delle azioni fa oggi, domani o fra una settimana è solo distrazione (P. Lynch).
Tanti e importanti dati in uscita oggi. Alle 8:00 le vendite al dettaglio MoM di dicembre della Germania (stima -1,2% contro 0,6% di novembre), alle 10:00 il PMI Europeo di gennaio (stima 59 punti contro 58 di novembre), alle 11:00 il tasso di disoccupazione Europeo di dicembre (stima 7,1% contro 7,2% di novembre), alle 15:45 il PMI manifatturiero USA di gennaio (stima 55 punti contro 57,7 di dicembre) e infine alle 16:00 l’ISM manifatturiero USA di gennaio (stima 57,5 punti contro 58,7 di dicembre). L’economia Europea è nella fase di rallentamento pilotata ma la Germania, che ne è la locomotiva, potrebbe rischiare una seconda recessione. Nel 4Q21 il PIL ha fatto segnare una variazione negativa dello 0,7% rispetto il 3Q21 (le attese indicavano -0,3%) a causa della variante Omicron, che ha imposto nuove restrizioni e dell’elevato e crescente livello dei prezzi delle materie prime. Gli effetti sono una riduzione del potere d’acquisto (il consumo privato è del 2% inferiore ai livelli pre-pandemia) e un rallentamento della produzione. Ma ci sono altri due effetti meno evidenti in gioco. Il primo fa riferimento al modello di sviluppo tedesco, troppo orientato all’esportazione e quindi molto esposto alle strozzature nella catena globale dell’offerta. Il secondo riguarda la Cina, visto che l’8% dell’export e il 9% dell’import tedesco è realizzato con il paese del dragone. Ecco il motivo. Secondo alcuni studi condotti dall’Università di Hong Kong, i vaccini Sinovac e Sinopharm sembrano fornire una scarsa protezione contro la variante Omicron. Inoltre, l’effetto dei ripetuti, lunghi e duri lockdown governativi ha avuto come risultato quello di avere il numero più basso di persone immuni al mondo. Se la variante in questione dovesse contagiare una larga parte della popolazione, avrebbe un impatto fortemente negativo sulla crescita economica cinese che nel 2022, secondo le nostre previsioni, si ridurrebbe al 2-2,5% (dal 6% previsto). Ovvio che l’impatto sull’economia tedesca sarebbe piuttosto pesante e, secondo le nostre stime, si mangerebbe circa 2 punti percentuali di crescita del PIL (dal 3,7% previsto all’1,7%-2%). Anche la Bundesbank ha più volte sottolineato che durante il primo trimestre del 2022, la crescita economica sarebbe stata soggetta ai rischi associati a un’intensificazione della pandemia precisando che, una volta che i colli di bottiglia dell’offerta si fossero allentati in modo significativo, sarebbe stato possibile attendersi una forte accelerazione della crescita, grazie agli elevati ordini arretrati sia nell’industria che nell’edilizia. La domanda è quando i colli di bottiglia si allenteranno. Il tempo diventa una variabile chiave, perché non è indifferente tornare alla normalità fra un mese o fra un anno. Se la Germania rischia una seconda recessione è inevitabile il contraccolpo sul resto dell’unione monetaria, visto che il suo import dal resto dell’Eurozona vale oltre un terzo del totale (p.e. le esportazioni del nostro Paese verso la Germania valgono il 3% circa del PIL).
Dulcis in fundo, le tensioni sull’Ucraina che potrebbero anche sfociare in un’invasione da parte di Mosca. Pur escludendo uno scenario apertamente bellico, l’evento porterebbe a sanzioni e contro-sanzioni. Dombrovkis, ha detto chiaramente che la UE si terrebbe pronta a possibili ritorsioni che impattino il settore energetico. La Germania di Scholz ovviamente frena, conscia che la mossa sarebbe l’innesco per una flessione dell’economia tedesca e dell’intera Europa.
Detto questo, continuiamo comunque a preferire le azioni Europee rispetto a quelle USA. Come abbiamo più volte sottolineato, la ripresa economica post pandemia dovrebbe favorire le azioni value rispetto a quelle growth (con le dovute distinzioni).
Da guardare con un occhio di riguardo i paesi emergenti (che continueranno ad emergere) e che dovrebbero essere favoriti da una ripresa della domanda globale.
Ma il periodo potrebbe essere propizio anche per i beni reali (del resto, che cosà c’è di più value). I fondi comuni di investimento immobiliare (REIT) sono stati venduti pesantemente a cominciare da marzo 2020, con gli investitori spaventati per le implicazioni dovute al distanziamento sociale e alla chiusura dei centri commerciali e degli uffici. Crediamo che il sentiment attuale di questi titoli sia tuttavia eccessivamente ribassista.
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Tognoli
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