Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Le previsioni sono estremamente difficili, specialmente sul futuro (N. Bohr).
Fiducia dei consumatori di gennaio in uscita oggi alle 16:00 (stima 111,8 punti contro 115,8 di dicembre). Tra oggi e domani Powell annuncerà le decisioni di politica monetaria. Le attese indicano un aumento dei tassi a partire dalla fine del tapering con l’evidente scopo di ridurre la crescita dei prezzi, definita una grave minaccia alla ripresa economica e al mercato del lavoro. Nel frattempo abbiamo visto un violento sell-off di azionario e un acquisto di bond: il rendimento del decennale è infatti in calo all’1,171% (dal 1,747%), dopo aver toccato l’1,9% la scorsa settimana. In ribasso anche il rendimento dei titoli a 5 anni e a 30 anni. Piuttosto strano, considerato che alcuni membri della FED vedrebbero con favore un aumento di 0,5 punti già a marzo che ovviamente ridurrebbe i prezzi dei titoli con duration più lunga (chi ha comprato oggi si ritroverebbe con una perdita in conto capitale). I motivi sembrerebbero essere legati all’enorme liquidità ancora presente nel sistema, nonostante le copiose vendite di titoli da parte della FED. Ma i motivi potrebbero anche essere altri e legati ai fattori che determinato l’inflazione. In primis il costo del lavoro. E’ vero che i salari più bassi sono cresciuti mediamente di circa il 6% nel 2021, ma questo si configurerebbe come un aggiustamento one-off, considerato che i salari più bassi sono fermi in termini reali da quasi trent’anni.
La crescita salariale aiuterebbe il reddito disponibile delle famiglie, anche se l’inflazione continuerebbe ad eroderne il potere d’acquisto: l’aumento è stato infatti one-off ma i prezzi continuerebbero a crescere, anche se con minore forza (la crescita dei salari in termini reali sarebbe quindi negativa). Questo andrebbe a ridurre la crescita economica favorendo l’attenuazione delle tensioni nelle catene internazionali di offerta, smorzandone i picchi di prezzo. Inoltre, l’effetto statistico di confronto con il 2021 comincerà ad aprile a giocare a favore di una minore crescita percentuale dei prezzi. Del resto, la FED non ha interesse a far crollare i listini azionari, ma potrebbe invece avere interesse a sfavorire il gonfiarsi di pericolose bolle speculative.
In sostanza riteniamo probabile che tra oggi e domani la FED annuncerà un aumento dei tassi a marzo (ormai i mercati lo hanno digerito). Tuttavia, siamo convinti che successivamente si muoverà con molta più cautela alzando i tassi meno di quanto siano le attese attuali per non soffocare la crescita economica (Powell ha detto che il rialzo dei tassi non inciderà sulla crescita del PIL). I “dots” dei membri del FOMC nel riepilogo delle proiezioni economiche di dicembre indicano che il percorso più corretto è quello che vede un aumento dei fondi FED allo 0,9% entro la fine del 2022 e all’1,6% entro la fine del 2023.
Che fare dunque sui mercati? In questa fase il ciclo economico dovrebbe supportare le performance dei titoli value, come quelli del settore dell’energia, i titoli finanziari e i titoli ciclici dei settori dell’industria e dei materiali. Queste azioni, oltre ai titoli a bassa capitalizzazione, presentano valutazioni interessanti che con la crescita globale ancora sostenuta (4,6% circa nel 2022) sono attese sovraperformare i rispetti indice di riferimento. Inoltre, con gli impegni assunti durante la COP26 e l’attuale crisi energetica, i flussi finanziari riteniamo continueranno a privilegiare anche gli investimenti sostenibili. Il trend è ormai consolidato e siamo convinti che la sostenibilità possa essere uno dei principali driver del 2022.
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Tognoli
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