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Insights 25 Gen 2022

Il punto sul mercato di Antonio Tognoli

Le previsioni sono estremamente difficili, specialmente sul futuro (N. Bohr).

Fiducia dei consumatori di gennaio in uscita oggi alle 16:00 (stima 111,8 punti contro 115,8 di dicembre). Tra oggi e domani Powell annuncerà le decisioni di politica monetaria. Le attese indicano un aumento dei tassi a partire dalla fine del tapering con l’evidente scopo di ridurre la crescita dei prezzi, definita una grave minaccia alla ripresa economica e al mercato del lavoro. Nel frattempo abbiamo visto un violento sell-off di azionario e un acquisto di bond: il rendimento del decennale è infatti in calo all’1,171% (dal 1,747%), dopo aver toccato l’1,9% la scorsa settimana. In ribasso anche il rendimento dei titoli a 5 anni e a 30 anni. Piuttosto strano, considerato che alcuni membri della FED vedrebbero con favore un aumento di 0,5 punti già a marzo che ovviamente ridurrebbe i prezzi dei titoli con duration più lunga (chi ha comprato oggi si ritroverebbe con una perdita in conto capitale). I motivi sembrerebbero essere legati all’enorme liquidità ancora presente nel sistema, nonostante le copiose vendite di titoli da parte della FED. Ma i motivi potrebbero anche essere altri e legati ai fattori che determinato l’inflazione. In primis il costo del lavoro. E’ vero che i salari più bassi sono cresciuti mediamente di circa il 6% nel 2021, ma questo si configurerebbe come un aggiustamento one-off, considerato che i salari più bassi sono fermi in termini reali da quasi trent’anni.

La crescita salariale aiuterebbe il reddito disponibile delle famiglie, anche se l’inflazione continuerebbe ad eroderne il potere d’acquisto: l’aumento è stato infatti one-off ma i prezzi continuerebbero a crescere, anche se con minore forza (la crescita dei salari in termini reali sarebbe quindi negativa). Questo andrebbe a ridurre la crescita economica favorendo l’attenuazione delle tensioni nelle catene internazionali di offerta, smorzandone i picchi di prezzo. Inoltre, l’effetto statistico di confronto con il 2021 comincerà ad aprile a giocare a favore di una minore crescita percentuale dei prezzi. Del resto, la FED non ha interesse a far crollare i listini azionari, ma potrebbe invece avere interesse a sfavorire il gonfiarsi di pericolose bolle speculative.

In sostanza riteniamo probabile che tra oggi e domani la FED annuncerà un aumento dei tassi a marzo (ormai i mercati lo hanno digerito). Tuttavia, siamo convinti che successivamente si muoverà con molta più cautela alzando i tassi meno di quanto siano le attese attuali per non soffocare la crescita economica (Powell ha detto che il rialzo dei tassi non inciderà sulla crescita del PIL). I “dots” dei membri del FOMC nel riepilogo delle proiezioni economiche di dicembre indicano che il percorso più corretto è quello che vede un aumento dei fondi FED allo 0,9% entro la fine del 2022 e all’1,6% entro la fine del 2023.

Che fare dunque sui mercati? In questa fase il ciclo economico dovrebbe supportare le performance dei titoli value, come quelli del settore dell’energia, i titoli finanziari e i titoli ciclici dei settori dell’industria e dei materiali. Queste azioni, oltre ai titoli a bassa capitalizzazione, presentano valutazioni interessanti che con la crescita globale ancora sostenuta (4,6% circa nel 2022) sono attese sovraperformare i rispetti indice di riferimento. Inoltre, con gli impegni assunti durante la COP26 e l’attuale crisi energetica, i flussi finanziari riteniamo continueranno a privilegiare anche gli investimenti sostenibili. Il trend è ormai consolidato e siamo convinti che la sostenibilità possa essere uno dei principali driver del 2022.