Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Un grammo di fortuna vale più di una libbra d’oro (proverbio Yiddish).
Nessun dato importante in uscita oggi. Come abbiamo più volte messo in evidenza, nel 2022 l’incertezza generale indotta dagli effetti delle misure economiche delle banche centrali e dei governi per contrastare l’inflazione e normalizzare la crescita economica, sarà più elevata rispetto a quella del 2021.
E’ quindi prevedibile che ci aspetti un periodo di turbolenza finanziaria. In questo scenario, l’oro è il bene finanziario su cui normalmente si punta per preservare la ricchezza e difendere il potere d’acquisto. La domanda è se l’oro possa ancora essere considerato un’assicurazione sul proprio patrimonio.
Quando parliamo di oro come bene di investimento, occorre distinguere tra oro fisico e cartaceo. L’oro fisico è quello negoziato sotto forma di lingotti e monete d’oro, che verranno valutati in base al loro peso e alla loro purezza. L’oro cartaceo è invece rappresentato da contratti cartacei relativi a strumenti finanziari legati al prezzo dell’oro (per esempio futures, ETF etc). Possedere oro fisico può avere degli svantaggi (costi di custodia e di deposito, spese di assicurazione etc) ma consente anche evidenti benefici. L’oro fisico è per esempio esente da IVA, oltre ad essere accettato come valuta nella maggior parte dei paesi del mondo, ed è riconducibile ad un proprietario specifico. Caratteristica, questa, che più di tutte le altre esprime la capacità dell’oro di proteggere la ricchezza. L’oro finanziario è invece più sensibile alle speculazioni e ha quindi un rischio intrinseco più elevato, nonostante abbia minori costi di gestione (prescinde infatti dalla consegna fisica del bene) e può essere facilmente scambiato sulle piattaforme di trading. La distinzione potrebbe sembrare oziosa, ma in realtà in base alle norme di Basilea III e dell’EBA, è una discriminante fondamentale per considerare l’oro un asset rischioso o un bene rifugio. Di recente l’UE ha infatti approvato l’adozione del criterio Net Stable Funding Ratio – NSFR che impone alle banche che hanno in bilancio asset rischiosi di accantonare proporzionalmente riserve facilmente liquidabili e l’EBA considera l’oro cartaceo (a differenza di quello fisico) alla stregua di un asset ad alto rischio. E quindi evidente che le regole incidono in modo determinante sulla capacità dell’oro cartaceo di continuare ad essere un “safe asset”, diversamente dall’oro fisico. E questo vale per qualsiasi investitore, istituzionale, professionale o retail.
Chiarito questo, quali sono le previsioni del trend dell’oro nei prossimi anni. Se il consensus relativo alle stime del PIL e dell’inflazione è corretto, i prezzi dell’oro potrebbero aver già toccato il minimo di periodo. Certo occorrerà fare i conti con l’ulteriore e possibile rialzo dei rendimenti obbligazionari, la cui mancata stabilizzazione potrebbe sottoporre il prezzo dell’oro a nuove pressioni. E’ difficile però ipotizzare come la crescita delle spese fiscali (che rappresentano una componente fondamentale del piano di ripresa economica) dovuta al maggior costo del debito, possa essere accettata in un contesto di forte aumento dello stock di debito stesso. L’aumento dei rendimenti obbligazionari potrebbe infatti stoppare la crescita del PIL con evidenti ricadute sull’occupazione (obiettivo della FED). Qualora il freno alla spesa pubblica diventasse una minaccia concreta e iniziasse ad avere effetti negativi sulla ripresa, la FED potrebbe optare per il controllo della curva dei rendimenti, mantenendo quelli reali sotto lo zero. Questo scenario, che sembra al momento il più probabile, potrebbe essere molto favorevole per il prezzo dell’oro.
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