Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Un debito pubblico è generalmente la somma di tanti egoismi privati (F. Caramagna).
Ordini di beni durevoli MoM di novembre in uscita oggi alle 14:30 (stima 1,5% contro -0,5% di ottobre) e fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di dicembre alle 16:00 (stima 70,4 punti contro 67,4 di novembre). Secondo le dichiarazione della FED, il tapering è previsto finire a marzo prossimo e probabilmente già nel secondo trimestre verranno aumenti di tassi. La BCE invece userà flessibilità sia nel graduale ritiro della liquidità sia nell’aumentare i tassi che, secondo gli analisti, potrebbe scattare nel 2023. A seguito dell’annuncio della BCE e del prevedibile aumento dei tassi, l’Italia potrebbe essere di nuovo alle prese con lo spettro del debito, salito ad oltre il 150% del PIL. Gli acquisti della Bce per 250 miliardi di euro in titoli di Stato italiani nell’ambito del programma di emergenza Pepp hanno messo un limite all’aumento dei costi di finanziamento, ma la conclusione del Pepp ha riacceso la paura sull’Italia che ha un problema cronico di crescita e potrebbe destabilizzare l’intero blocco dei paesi UE. I giudizi degli investitori, soprattutto esteri, sull’Italia dipenderanno dalla capacità di fare buon uso degli oltre 200 miliardi di euro del programma NextGenEU, messi a disposizione del nostro Paese a patto che Roma continui a rispettare le condizioni poste da Bruxelles. Tra i problemi dell’Italia che ne hanno frenato la crescita negli ultimi 20 anni, spiccano il basso tasso di occupazione, la produttività stagnante, la carenza di investimenti in istruzione e tecnologia, una burocrazia soffocante e il divario tra Nord e Sud. Come pensiamo di ripagare i debiti? Con la crescita, certo, ma potrebbe non bastare.
Diverse sono state nel tempo le proposte per ridurre questa palla a piede. Una in particolare, credo sia d’attualità ed è stata formulata da P. Savona e M. Fratianni. Il progetto si ricollega in parte al cosiddetto Chicago Plan, elaborato in Nord America all’inizio della grande crisi da economisti come H. Simons (1933) e da I. Fisher (1935). La proposta, oltre al rapporto debito/PIL, si proponeva anche di risolvere due altri gravi problemi: quello della difesa del risparmio privato (che la Costituzione, dice che deve essere tutelato dallo stato) e quello delle banche che custodiscono il risparmio ma che non possono completamente garantirlo.
Secondo il progetto di Fratianni e Savona, i risparmiatori in cerca della massima garanzia e tutela dei loro soldi, sposterebbero su basi volontarie i loro depositi (in particolare quelli utilizzati come mezzo di pagamento formalmente garantiti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, cioè quelli fino ad un massimo di 100 mila euro) presso una nuova istituzione statale, la Banca-Moneta. Quest’ultima custodirebbe i depositi in maniera completamente sicura grazie alla loro copertura integrale e al loro inserimento nella catena telematica blockchain attivabile da parte dei titolari per effettuare pagamenti con un click del telefonino o con il mouse del computer.
La banca-moneta finanzia con i depositi garantibili, gli acquisti di titoli di stato. La banca-moneta diventa un acquirente fisso di debito pubblico. Nel tempo lo stock di debito detenuto dalla banca-moneta cresce in virtù del fatto che la domanda di moneta è sensibile al reddito. Il debito pubblico diventa meno pesante per l’economia perché lo stock di debito detenuto dalla banca-moneta non è sensibile al tasso di interesse, in virtù della caratteristica di cliente “fisso”. In sintesi e contabilmente, il debito non diminuisce ma la proposta ha come beneficio collaterale una importante riduzione della componente “interest-rate sensitive” del debito pubblico”.
Quale sarebbe in conclusione il risultato di questa operazione? Secondo le stime di Fratianni e Savona, qualora l’intera massa di depositi garantibili si spostasse sulla banca-moneta – processo questo molto probabile perché i risparmi sarebbero così perfettamente tutelati e i depositi meno costosi – la quota di debito pubblico negoziata sul mercato finanziario, e quindi soggetto alle incertezze e alle speculazioni caratteristiche di questo mercato, si ridurrebbe di circa 800/1000 mld, riducendo quindi nel contempo il rapporto con il PIL.
Questo progetto sfrutta il fatto che la ricchezza del paese è circa sei volte il PIL e che i mezzi di pagamento ne sono parte integrante. Quindi è possibile garantire il debito grazie alla notevole somma costituita dai depositi bancari. Ma non solo: secondo i proponenti, i risparmiatori sarebbero i maggiori beneficiari, e anche le banche e l’economia reale godrebbero di alcuni importanti benefici.
Nella situazione attuale, ma soprattutto prospettica, varrebbe la pena di approfondire la questione.
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