Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Se un’azienda fa bene, le azioni alla fine gli vanno dietro (W. Buffet).
Dati USA importanti in uscita oggi. Si parte alle 14:30 con il Philly FED di dicembre (stima 30 contro 39 di novembre) e con le richieste di sussidi alla disoccupazione WoW (stima 195k contro 184k della scorsa settimana) e si prosegue con la produzione industriale MoM di novembre (stima 0,7% contro 1,6% di ottobre). Importante e strategica per capire le mosse future della FED è stata la conferenza stampa di ieri, dove Powell ha sostanzialmente confermato le attese della vigilia: il tapering procederà più velocemente e con un livello doppio di quanto deciso due mesi fa, per terminare a marzo (invece che a giugno), mentre i tassi non verranno alzati fino a quanto lo stesso non sarà concluso. Pur con un’inflazione che ha superato il target del 2%, secondo Powell è opportuno mantenere il range dei fed funds ai livelli attuali fintanto che non verrà raggiunta la piena occupazione (quantificata intorno al 4%, quindi molto vicina ai livelli attuali del 4,3%). Quanto all’inflazione, Powell si aspetta una flessione più graduale rispetto a due mesi fa e che dovrebbe raggiungere il 2,6% nel 2022, il 2,3% nel 2023 e il 2.1% medio nel 2023, per poi assestarsi al 2% medio nell’orizzonte temporale della politica monetaria.
La mossa era stata ampiamente preparata allo scopo di evitare il Taper Trantum sperimentato nel 2013 e che aveva fatto schizzare i rendimenti obbligazionari alle stelle. Rimuovere gli stimoli monetari è sempre una cosa delicata, ma è sotto gli occhi di tutti che per esempio gli acquisti da 40 miliardi di dollari al mese di mortgages backed securities sono ormai diventati superflui e ridondanti. Anche nei mesi scorsi Powell nel ribadire come non fosse il momento di alzare i tassi, ha però subito aggiunto che questo dipenderà dallo stato dell’economia e che, se la situazione dovesse richiederlo, sarà fatto. Ciò significa che per contro (aggiungiamo noi), che qualora i dati economici fossero più negativi delle attese, per esempio a causa di nuove restrizioni dovute a inaspettate varianti (e di questo Powell ha detto di seguirne da vicino gli impatti economici), la FED potrebbe anche tornare sui suoi passi. Al momento la curva sembra prezzare due rialzi dei tassi nel 2022 (di cui il primo nel 1H) e tre rialzi nel 2023. Il mercato azionario potrebbe reagire in modo non del tutto negativo, visto che con questa mossa non si può certo accusare la FED di essere dietro la curva.
Quali sono i settori/titoli da privilegiare con questo scenario, quelli growth o quelli value? Affinché i titoli value dimostrino una forte performance nel lungo termine, occorrerebbe un’accelerazione significativa della crescita economica. Ipotesi questa che però che si scontra con lo scenario che vede una flessione del tasso di crescita del PIL verso il suo potenziale (2-2,5%). Indipendentemente dal settore di appartenenza, gli investimenti vincenti saranno quelli su aziende che beneficeranno di una crescita economica più forte della media, dovuta sia all’appartenenza a un segmento di mercato ad alto potenziale, sia al loro livello di innovazione. Riteniamo che i settori industriali da privilegiare, se si opta per un approccio top down, siano quelli connessi alla transizione energetica, alle nuove tecnologie nel settore sanitario, alla digitalizzazione o all’automazione dell’economia, alla sicurezza informatica.
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Tognoli
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