Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose (A. Einstein).
Dati sensibili USA in uscita oggi: alle 13:15 gli occupati ADP di ottobre (stima 400k contro 568k di settembre), alle 14:45 PMI servizi di ottobre (stima 58,2 punti contro 54,9 di settembre) e PMI composito ottobre (stima 57,3 punti contro 55 di settembre), alle 15:00 ISM non manifatturiero do ottobre (stima 62,1 punti contro 61,9 di settembre) e per finire alle 15:30 le scorte settimanali di petrolio.
Non ci aspettiamo grosse prese di posizione delle FED o dell’amministrazione USA a seguito della comunicazione dei dati, nonostante entrambe abbiano da tempo compreso che gli effetti degli interventi di sostegno a famiglie e imprese sono in fase di esaurimento. Il mercato si aspetta la decisione sull’avvio tapering, visto che Powell ha saggiamente preparato i mercati, che vedrà una graduale riduzione dai 120 miliardi di dollari al mese. La domandi si sposta quindi su quando comincerà il rialzo dei tassi. E con un’inflazione saldamente al di spora delle aspettative, tutto potrebbe essere molto più veloce di quanto ci si aspetti.
Il rovescio della medaglia è che in realtà il Covid sembra tuttavia tutt’altro che sconfitto e i grandi investimenti in infrastrutture annunciati sia in USA che in Europa appaiono sempre più lontani. Il risultato, dopo l’atteso rimbalzo del PIL, è una ripresa economica che evidenzia un trend di rallentamento per certi versi preoccupante. Lo confermano le previsioni di crescita del PIL USA a fine anno, abbassate dal 6,7% al 5,7%. E’ indubbio che ci aspetta una fase complessa in cui si dovrà fare i conti con un passato recente dimenticato troppo in fretta e con un futuro incerto, che sembra far riemergere una minaccia mai seriamente affrontata e discussa: la stagnazione secolare. Le forze che hanno agito a fine secolo e che spingevano in quella direzione sono infatti ancora al lavoro, anche se la potenza di fuoco messa in campo per contrastate gli effetti economici del Covid le aveva un po’ assopite. Leggi per esempio l’invecchiamento della popolazione che caratterizza tutti i paesi industrializzati (Cina inclusa) e influenza sia le dinamiche della produttività e degli investimenti, sia il rapporto tra consumi e risparmi.
Interessante al riguardo è la pubblicazione del CBO (Congressional Budget Office), un’istituzione bipartisan del Congresso americano, che ha pubblicato nel luglio scorso le sue nuove stime dal 2021 al 2031. Secondo il CBO in USA, una volta attenuati gli effetti delle politiche di sostegno messe in atto dal Governo, assisteremo ad un declino significativo della crescita del PIL reale: +1,5% nel 2023, + 1,1% nel 2024, +1,3% nel 2025, per poi muoversi tra il +1,4 e il +1,6% nel quinquennio 2026 – 2031 (siamo ormai lontani e le stime perdono di forza). Nel 2019, l’anno prima della pandemia, il PIL reale U.S.A. era cresciuto del +2,1% e nel 2018 aveva fatto registrare quasi il +3%. Dati di crescita minori sono stati registrati all’indomani della crisi finanziaria del 2007/2008. Passato l’effetto degli aiuti di stato il CBO stima quindi che la crescita del PIL reale USA, in assenza di nuovi interventi e/o sostegni, sarà nell’intorno dell’1,5%. Un po’ poco per sostenere un tasso di disoccupazione vicino a q
E’ possibile intervenire al fine porre le basi per una nuova rivoluzione industriale che consenta una crescita secolare stabile e sostenibile?. La risposta è positiva, ma occorre costruire un modello di sviluppo che aggredisca i problemi epocali del nostro tempo. E torniamo a quanto scritto ieri. Il punto di rottura che il mondo sta aspettando e che potrebbe far crescere l’economia globale ad un tasso superiore a quello previsto dagli attuali modelli economici, ma senza un aumento dei rischi, degli shock, delle carestie e delle crisi conseguenti all’attuale economia grigia caratterizzata dall’alto livello di carbonio e responsabile, tra le altre cose, della riduzione delle risorse: sono gli investimenti nella green economy.
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