Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
La nostra sfida più grande in questo nuovo secolo è di adottare un’idea che sembra astratta – sviluppo sostenibile (Kofi Annan).
Alle 10 in uscita il PMI manifatturiero di ottobre zona Euro (stima 58,5 punti contro 58,6 di settembre). Il piatto forte ci sarà domani. Sostanziale stabilità quindi nella zona euro. Non c’è da stupirsi più di tanto, così come non ci sarà da stupirsi con i dati USA. Il rimbalzo post Covid sta esaurendosi e gradualmente torniamo alla “normalità”. Prima del Covid però l’economia mondiale era alla ricerca di una nuova rivoluzione industriale che potesse dare slancio alla crescita di lungo periodo, che stancamente si trascinava.
In qualche modo Obama aveva indicato la via nella green economy, ma è solo negli ultimi anni che gli investimenti sono diventati più concreti. Il Covid ha accelerato la transizione. Importante appare quindi l’accordo del G20 di limitare a 1,5 gradi l’aumento della temperatura che a prima vista potrebbe sembrare poca cosa, ma da un punto di vista economico è in grado di muovere nei prossimi anni ingenti investimenti pubblici e privati e traghettare l’economia mondiale verso la sostenibilità: le stime recenti indicano investimenti medi per circa 1000 miliardi di dollari l’anno per i prossimi 10-15 anni, pari a circa il 2% del PIL mondiale. Questo potrebbe far crescere l’economia globale ad un tasso superiore a quello previsto dagli attuali modelli economici, ma senza un aumento dei rischi, degli shock, delle carestie e delle crisi conseguenti all’attuale economia grigia caratterizzata dall’alto livello di carbonio e responsabile, tra le altre cose, della riduzione delle risorse.
Oggi il mondo spende tra l’1 e il 2% del PIL mondiale per una serie di sussidi che prevedono un uso non sostenibile delle risorse in settori come per esempio i combustibili fossili e i pesticidi che stanno contribuendo ai danni ambientali e alle inefficienze dell’economia globale, mentre la loro graduale riduzione ed eliminazione produrrebbero molteplici benefici economici, liberando risorse per finanziare la transizione verso la Green Economy.
Ad esempio, investendo circa l’1,25% del PIL mondiale ogni anno in termini di efficienza energetica e nelle energie rinnovabili, si potrebbe ridurre la domanda globale di energia primaria del 10% circa nel 2022-23 e di circa il 40% al 2050. I livelli di occupazione nel settore dell’energia sarebbero superiori di un quinto rispetto allo scenario business as usual, dal momento che le energie rinnovabili costituirebbero circa il 30% della domanda globale di energia primaria entro la metà del secolo. In uno scenario di Green Economy, il risparmio di capitale e dei costi per il combustibile nella produzione di energia sarebbe in media di circa 760 miliardi dollari l’anno tra il 2010 e il 2050.
Ecco il punto di rottura con il passato. La “nuova rivoluzione industriale” in grado di garantire una sostenibile crescita economica di lungo periodo.
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