Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
L’inflazione è una forma di tassazione che può venire imposta senza legislazione (M. Friedman).
Fiducia delle imprese in Europa MoM di Aprile (stima 9,5 punti contro 10,4 di marzo) e fiducia dei consumatori di Aprile in uscita oggi alle 11 (-16,9 punti contro 18,7 di marzo).
I dati della scorsa settimana (a cominciare dal PIL USA) sembrano piuttosto chiari: la guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia stanno smorzando le prospettive economiche di crescita, apparentemente più negli Usa che in Europa. Sia pure con qualche differenza, le due economie stanno lentamente scivolando verso la stagflazione. E sulla situazione generale continuano ad aleggiare gli spettri degli effetti economici di una guerra destinati a perdurare anche dopo il cessate il fuoco.
La lotta alla stagflazione è particolarmente complessa. Per diminuire la spinta inflazionistica le banche centrali dovrebbero ridurre la massa di moneta circolante (alzando i tassi e riducendo la velocità di circolazione) e per questa via ridurre la domanda di beni e servizi, penalizzando però la crescita economica. Con una persistente inflazione i salari reali perdono potere d’acquisto e comincia ad incunearsi la spirale salari/prezzi. In Europa, a differenza degli USA, non si sono ancora viste forti rivendicazioni salariali. Per ora. Negli anni 70/80 questa tendenza fu stroncata dalla delocalizzazione che ha ridusse fortemente la possibilità di contrattare eventuali aumenti salariali riportando in equilibrio il mercato del lavoro, stroncando ulteriori peggioramenti dell’inflazione. Oggi le leve usate negli anni 70/80 non sono praticabili e la politica monetaria restrittiva risulta sempre meno efficace. Non solo, ma alla luce delle difficoltà delle catene di approvvigionamento causate dalla pandemia ed esasperate dalla guerra, gran parte delle imprese sta riportando all’interno numerose attività, de-globalizzando il sistema. La maggior domanda di lavoro qualificato (non è un mistero che manchino lavoratori) potrà incontrare l’offerta solo a salari crescenti, alimentando l’inflazione. La teoria economica dice che occorrerebbe muovere le leve della politica fiscale, riducendo la spesa corrente e la pressione fiscale, unici strumenti efficaci per stimolare i consumi e per questa via la domanda aggregata di beni e servizi. Oppure, sostenere gli investimenti (il bazooka fiscale di Biden e il NGeu Europeo vanno in questa direzione), monitorando però attentamente che la spesa corrente e la pressione fiscale non aumentino. La crescita economica che ne consegue renderebbe possibile una ripresa dell’occupazione. Alle Banche Centrali spettebbe il compito di fine tuning, ovvero di equilibrare la liquidità immessa nel sistema attraverso una migliore allocazione della massa monetaria che accompagni la ripresa dell’economia.
La lotta alla stagflazione comporta un aumento dei tassi che sui mercati azionari significa un aumento del premio per il rischio richiesto dagli investitori. Negli ultimi mesi il premio per il rischio è aumentato anche per effetto della crisi fra Russia e Ucraina arrivando a toccare, secondo il nostro modello, il 35%. Il maggiore rendimento richiesto, a parità di tutte le altre condizioni, può essere raggiunto solamente comprando a prezzi più bassi. Prezzi che quindi scendono fino a quando il rendimento desiderato non è compatibile con il maggior rischio sopportato.
Di fatto, sono due i rischi principali che il mercato percepisce in questo momento, ovviamente correlati fra di loro. Il primo, sul fronte della guerra solo un accordo fra le parti è in grado di ridurre il premio per il rischio e per questa via dare anche maggiore visibilità alle azioni delle banche centrali. Il secondo, per quanto riguarda la stagflazione, occorre capire se i tassi reali continueranno ad essere negativi e soprattutto in quale misura e con quali tempi si muoveranno verso lo zero. Se l’avvicinamento allo zero sarà graduale, allora l’effetto della crescita dei tassi reali sarà poco percepita dai mercati che cominceranno a chiedere un premio il rischio minore.
Quale strategia seguire per gli investimenti? Nella fasi di elevata incertezza economica che causa elevata volatilità dei mercati, è importante costruire il portafoglio avendo ben chiari i propri obiettivi, sia in termini di rischio/rendimento sia in termini temporali, in modo da non subire il mercato in modo pro-ciclico. In questo momento riteniamo che occorra occuparsi più del rischio che del rendimento, in modo da mettere al riparo il portafoglio di lungo periodo da shock esterni. Riteniamo quindi corretta una strategia bottom up che vada a privilegiare i titoli di quelle società che producono cassa, hanno una redditività mediamente superiore a quella del proprio settore di riferimento e sono leader nel mercato nel quale operano. Da non sottovalutare inoltre le assets class value, quali per esempio oro e immobili.
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