Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Il bello dell’oro è che adora le brutte notizie. (J. Updike)
Nessun dato importante in uscita oggi. Come abbiamo più volte messo in evidenza, le banche centrali si trovano davanti ad un bivio: favorire la crescita economica e lasciare correre i prezzi alzando i tassi il meno possobile, oppure alzare subito i tassi frenando l’inflazione ma stoppando però la crescita economica. Al momento i mercati temono l’effetto Paul Volker che da presidente della FED alla fine degli anni ’70 alzo i tassi al 20% causando una doppia recessione (ma la storia insegnerà pour qualcosa). In USA il costo della vita è salito a marzo all’8% circa, decisamente oltre l’obiettivo della FED. L’inflazione da materie prime (energia in testa) e la guerra in Ucraina che per il momento non sembra potersi fermare, offrono un quadro sempre più complesso per i mercati. Nel frattempo però nelle ultime due settimane abbiamo assistito ad una performance dell’S&P 500 che non ha eguali nella storia, addirittura superiore ai recuperi del 1927, con gli investitori che hanno venduto bond e comprato azioni con l’obiettivo di far fronte ai rendimenti reali negativi. Potrebbe rivelarsi una trappola per gli investitori? Siamo convinti di no. Per due motivi. Il primo è che finchè i rendimenti reali continueranno a rimanere negativi (e paradossalmente più cresce l’inflazione più questi aumentano), gli assets rischiosi come le azioni rimagono appetibili. Il secondo perché la minore crescita degli utili stimata per il 2022 è stata messa ormai in conto dai mercati che stanno quindi scommettendo sulla ripresa del 2023 e su condizioni monetarie più distese. E’ comunque prevedibile un periodo di turbolenza finanziaria. E come sempre in queste situazioni l’oro è il bene finanziario su cui normalmente si punta per preservare la ricchezza e difendere il potere d’acquisto, qualora si voglia ridurre il rischio complessivo del portafoglio. In altre parole l’oro è ancora considerato un’assicurazione sul proprio patrimonio. Potrebbe non essere un caso che la Banca Centrale Russa (la Russia è il quinto detentore al mondo di oro) stia acquistando ad un prezzo fissato al giugno scorso tutte le riserve di oro presenti nelle banche del paese con l’obiettivo (forse) di creare uno standard fisso rublo-oro, controllando in questo modo il valore del rublo. I rendimenti reali negativi, favoriscono inoltre i titoli del settore tecnologico i cui utili lavorano nel medio e lungo periodo.
Quando parliamo di oro come bene di investimento, occorre distinguere tra oro fisico e cartaceo. L’oro fisico è quello negoziato sotto forma di lingotti e monete d’oro, che verranno valutati in base al loro peso e alla loro purezza. L’oro cartaceo è invece rappresentato da contratti cartacei relativi a strumenti finanziari legati al prezzo dell’oro (per esempio futures, ETF etc). Possedere oro fisico può avere degli svantaggi (costi di custodia e di deposito, spese di assicurazione etc) ma consente anche evidenti benefici. L’oro fisico è per esempio esente da IVA, oltre ad essere accettato come valuta nella maggior parte dei paesi del mondo, ed è riconducibile ad un proprietario specifico. Caratteristica, questa, che più di tutte le altre esprime la capacità dell’oro di proteggere la ricchezza. L’oro finanziario è invece più sensibile alle speculazioni e ha quindi un rischio intrinseco più elevato, nonostante abbia minori costi di gestione (prescinde infatti dalla consegna fisica del bene) e può essere facilmente scambiato sulle piattaforme di trading. La distinzione potrebbe sembrare oziosa, ma in realtà in base alle norme di Basilea III e dell’EBA, è una discriminante fondamentale per considerare l’oro un asset rischioso o un bene rifugio. Di recente l’UE ha infatti approvato l’adozione del criterio Net Stable Funding Ratio – NSFR che impone alle banche che hanno in bilancio asset rischiosi di accantonare proporzionalmente riserve facilmente liquidabili e l’EBA considera l’oro cartaceo (a differenza di quello fisico) alla stregua di un asset ad alto rischio. E quindi evidente che le regole incidono in modo determinante sulla capacità dell’oro cartaceo di continuare ad essere un “safe asset”, diversamente dall’oro fisico. E questo vale per qualsiasi investitore, istituzionale, professionale o retail.
Chiarito questo, vediamo quali sono le previsioni di andamento dell’oro nei prossimi anni. Se il consensus relativo alle stime del PIL e dell’inflazione sono corrette, i prezzi dell’oro potrebbero aver già toccato il minimo di periodo. Certo occorrerà fare i conti con l’ulteriore e possibile rialzo dei rendimenti obbligazionari, la cui mancata stabilizzazione potrebbe sottoporre il prezzo dell’oro a nuove pressioni. E’ difficile però ipotizzare come la crescita delle spese fiscali (che rappresentano una componente fondamentale del piano di ripresa economica) dovuta al maggior costo del debito, possa essere accettata in un contesto di forte aumento dello stock di debito stesso. L’aumento dei rendimenti obbligazionari potrebbe infatti stoppare la crescita del PIL con evidenti ricadute sull’occupazione (obiettivo della FED). Qualora il freno alla spesa pubblica diventasse una minaccia concreta e iniziasse ad avere effetti negativi sulla ripresa, la FED potrebbe optare per il controllo della curva dei rendimenti, che ricordiamo si è invertita (storicamente questo ha segnalato una recessione in arrivo nei successivi 24 mesi 8 volte su 10), mantenendo quelli reali sotto lo zero. Questo scenario, che sembra al momento il più probabile, potrebbe essere molto favorevole per il prezzo dell’oro.
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