Il punto sul mercato di Antonio Tognoli 27.07.2021
سلِّم جملك إلى عناية الله ، لكن اربطه بشجرة أولاً.
Affida il tuo cammello alla provvidenza di Dio, ma legalo prima ad un albero.
Oggi alle 16 sarà resa nota la fiducia dei consumatori USA di luglio sulle prospettive economiche. Il consensus indicata un dato pari a 124 contro 127,3 di giugno. Il dato è importante perché incide sul consumo di beni soprattutto durevoli: se la fiducia è in crescita si tenderà ad acquistare, altrimenti si rimanda. E considerato che oltre il 70% dell’economia USA è trainato da consumi, se ne capisce immediatamente l’importanza.
Ed è proprio quel 70% di consumi che fanno il GDP che potrebbe riservare problemi. I dati della Fed indicano che il totale dei crediti al consumo a maggio 2021 ha raggiunto 4,3 triliardi di dollari con una crescita del 59% rispetto al dicembre 2007 (2,7 triliardi di dollari) e del 17,5% rispetto al 2016 (3,6 triliardi di dollari). In altre parole, il 70% del Pil dipende dal credito privato. E se la qualità del credito dovesse peggiorare? In fondo, una volta che i meritevoli di credito hanno tre frigoriferi, tre automobili, quattro televisori, per mantenere i consumi elevati e “fare Pil” è presumibile ritenere che verrà erogato credito anche a coloro i quali non meritano la tripla A. E immediatamente la qualità dell’erogato peggiora: allora puoi cartolarizzare i crediti “giocando” su massa e tempo degli stessi. Se ci si pensa, pur con qualche sfumatura diversa, è proprio quello che è successo con i subprime immobiliari fino al 2007.
Se la crescita economica è trainata dai consumi che dipendono a loro volta da nuovo debito, occorre chiedersi fin quando questo modello reggerà. Sui mercati qualcosa ha già cominciato a muoversi seppur lentamente, con la FED che lancia il sasso (i prezzi sono destinati a crescere) e poi tira indietro la mano (è temporaneo), monitorando la “corretta” quantità di moneta nel sistema in modo da non surriscaldare troppo i prezzi. Impresa sempre ardua ma che potrebbe rientrare nella Modern Monetary Theory – MMI.
La MMI si basa sull’idea che esista una relazione tra l’inflazione e le scelte di politica fiscale del governo. La domanda aggregata può essere fortemente influenzata dalle scelte del governo in termini di spesa pubblica e tassazione. Osservando che oggi l’inflazione appare stabilmente bassa, le politiche fiscali dovrebbero essere ultra espansive perché finanziate dalla creazione di moneta. Perché leva fiscale e leva monetaria siano perfettamente coordinate, occorre che il governo le controlli completamente, quindi la banca centrale non può essere indipendente ma legata alla politica. E’ lo Stato che crea moneta e di conseguenza il denaro circolante è emesso direttamente dal governo, che non ha bisogno delle tasse dei cittadini per avere valuta corrente. La tassazione servirebbe soltanto ad attenuare un’eventuale inflazione. In altre parole, la spesa pubblica non è più vincolata dalle entrate fiscali.
Se così fosse (meglio quindi legare il cammello ad un albero), allora occorre stare investiti e diversificare il portafoglio.