Il punto sul mercato di Integrae SIM
“Questo è il mondo in cui viviamo: quando si parla di economia, le persone provano emozioni” (Robert J. Shiller)
L’eurozona scivola verso la recessione. Nel 2022 la crescita sarà del 3% ma nel 2023 frenerà al +1%. L’Italia incredibilmente farà meglio nell’anno in corso, ma peggio nel prossimo. Ovvio che questi sono valori al netto del blocco totale del gas russo. Evento che farebbe esplodere l’inflazione (ricordiamo il recente allarme di Citi che vede i prezzi triplicare nello scenario peggiore), e porterebbe in negativo l’economia. Torna quindi a diffondersi, tra gli economisti, l’ipotesi di un nuovo pacchetto di aiuti di Stato sul modello del Next Generation EU, che però dovrebbe andare di pari passo con impegni ancora più stringenti sul piano delle riforme. Ipotesi che, per effetto della caduta del Governo Draghi, non sembra compatibile con una fase elettorale. Per stare nell’Unione Europea, e sfruttarne i benefici, occorre avere i conti in ordine. Ricordiamo il fiscal compact? Il Whatever it takes di Draghi era nato su questo presupposto, dando i propri frutti: l’Italia è stata a lungo il più virtuoso tra i partner dell’Unione sul piano dell’avanzo primario. Le condizionalità sono previste anche dal TPI, il nuovo scudo antispread della BCE, che prevede il rispetto del patto di stabilità e del PNRR. Ma al di là dei paletti scritti serve la volontà politica di rispettare gli impegni. E non sarà facile da oggi sino al 25 di settembre.
Senza Draghi si deraglia?
Cosa succederà ai conti pubblici italiani senza Draghi? Ad oggi l’Italia è nelle condizioni di rispettare gli impegni, ma dopo le elezioni non è più così certo. Il Documento di Economia e Finanza ha messo nero su bianco che grazie al PNRR il rapporto debito/pil può scendere stabilmente ma si tratta di un obiettivo “fragile”. Entro il 2025 è necessario riprendere la strada dell’avanzo primario, abbandonato con lo scoppio della Pandemia. Le disuguaglianze, in drammatica crescita dopo la diffusione del Covid, non sono uno shock ma il risultato di una scelta di politica economica. Secondo Natixis lo spettro della recessione è sempre più vicino ad essere raggiunto dalla seconda parte dell’anno. In base a un sondaggio condotto su un insieme di autorevoli esperti di mercato il 24% ritiene “inevitabile” una recessione, mentre il 64% “probabile”. La maggioranza è invece concorde che a portarci fuori dalla crisi sarà l’intervento delle banche centrali. Il 70% degli intervistati ritiene che il principale rischio di mercato per il secondo semestre sia ancora una volta l’inflazione, mentre per il 55% la paura di un errore di politica monetaria delle banche centrali.
L’estate sta finendo?
Il caldo tropicale non fa pensare all’autunno ma agli investitori si. Ryanair ha riportato risultati trimestrali superiori alle attese con una decisa crescita su base annua: +600% i ricavi a poco più di €2 miliardi, €170 milioni di profitti vs €157 attesi e una perdita di quasi €250 mln nel 2021. Interessante rilevare come nonostante l’esplosione del fatturato le tariffe medie siano calate del 4% rispetto ai livelli pre-covid. Dati che vengono quindi letti come una fiammata che rischia di ridimensionarsi fortemente in autunno. Nuove indicazioni sul prossimo futuro arriveranno oggi dalle trimestrali statunitensi: Microsoft, Alphabet, Visa, LVMH, Coca Cola e MdDonalds ed UBS i dati più attesi. A livello macro riflettori puntati sulla fiducia dei consumatori statunitensi nel mese di luglio, alle 16:00 e a seguire le vendite di nuove abitazioni. All’orizzonte la riunione della FED di mercoledì che potrebbe annunciare un aumento sino a 100 punti base (la media degli economisti è per un +75 punti) del costo del denaro, proiettato al 2,25/2,5%.