Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Tre cose non possono essere nascoste a lungo: il sole, la luna e la verità (Buddha).
Giornata densa di dati. Si inizia con le vendite al dettaglio MoM di gennaio della Germania in uscita alle 8:00 (stima 1,8% contro -5.5% di dicembre), PMI manifatturiero Europeo di febbraio (58,4 punti contro 58,7 di gennaio) alle 10:00, prezzi al consumo YoY di febbraio della Germania (stima 5,1% contro 4,9% di gennaio) alle 14:00 e per finire ISM manifatturiero USA di febbraio (stime 58 punti contro 57,6 di gennaio).
Quali considerazioni economiche si possono con una guerra e come si muovono i prezzi dei principali beni e dei servizi? La regina sui mercati è la volatilità che seguirà l’evolversi del conflitto. L’effetto principale delle sanzioni dovrebbe riguardare soprattutto la Russia e le sue società che è probabile possano venire declassate a High Yield (visto che si trovano già nella parte bassa del rating). Beni rifugio e prezzi delle società energetiche in aumento in tutto il mondo. Discorso a parte per il gas e il petrolio. Il prezzo del primo potrebbe infatti crescere ulteriormente, visto che le scorte sono molto basse. Anche il prezzo del petrolio potrebbe salire, ma nel breve termine, visto che il maggiore produttore al mondo, l’offerta l’Arabia Saudita, potrebbe aumentare l’offerta e calmierarne il prezzo. Nel medio termine non è da sottovalutare inoltre il possibile ritorno sul mercato del petrolio Iraniano. I prezzi di alcuni metalli (per esempio l’alluminio) e delle materie prime agricole (per esempio il grano) potrebbero subire un rialzo e per questa via spingere ulteriormente al rialzo l’inflazione.
L’efficacia delle sanzioni credo sia molto limitata, che non significa che non servono. L’economia Russa ha un debito pubblico molto basso rispetto al PIL (20%), una bilancia dei pagamenti in surplus e lo stock di riserve in valuta estera e oro tra i maggiori dei paesi emergenti (630 miliardi di dollari, le quarte riserve più ricche del mondo). Interessante notare che solo il 16% della valuta estera Russa è attualmente in dollari (cinque anni fa era il 40%) e il 13% è in renminbi cinese (era zero cinque anni fa). A questo si aggiungano le joint-venture con la Cina: nel 2019 Mosca e Pechino hanno aperto il gasdotto Power of Siberia che ha l’obiettivo di trasformare il mercato cinese nel maggiore importatore di energia Russa, e Putin ha già approvato Power of Siberia 2. Nel 2021 l’interscambio tra le due nazioni ha registrato valori superiori a 140 miliardi di dollari. La Russia quindi dipende poco dal capitale esterno e le misure che ne limitano gli afflussi possono avere un effetto contenuto. Molto più rilevante appare invece lo stop al Nord Stream 2 il cui ritardo vale per Putin 55 miliardi di metri cubi da gas in meno. Il rovescio della medaglia è che in Europa il prezzo del gas è destinato ad aumentare ulteriormente e questo finirebbe inevitabilmente per pesare sulla crescita economica.
Riassumendo, credo che l’utilizzo delle sanzioni economiche al fine di indurre Mosca a rinunciare all’Ucraina possano sortire scarsi effetti. L’autosufficienza Russa è stata accompagnata da una importante diversificazione finanziaria e con uno spostamento dell’asse politico verso la Cina. Non solo, la Russia ha utilizzato il denaro ricevuto dalle esportazioni di petrolio e gas per costruire importanti difese finanziarie.
I complottisti direbbero che potrebbe non essere un caso che dal 2019 Cina e Russia hanno cominciato a fare affari e sempre il caso ha voluto che nel 2019 la Cina abbia esportato il Covid-19, mettendo in ginocchio le economie mondiali. E proprio quando queste cominciavano a risollevarsi, arriva la guerra Russa con l’Ucraina, colpendo al cuore le convalescenti economie.
Diventano strategiche le reazioni delle principali banche centrali di fronte a possibili e ulteriori spinte inflazionistiche che allontanino la crescita economica dagli obiettivi. Sicuramente come Powell e Lagarde hanno avuto già modo di dire, saranno molto flessibili. Ciò significa che se la crisi dovesse protrarsi a lungo e avere un impatto negativo sulla crescita economica, le banche centrali saranno più dovish.
Le decisioni di investimento dipendono da come il portafoglio è entrato nella crisi. Se si è entrati carichi di azionario occorre resistere alla tentazione di disinvestire (si è in ballo e bisogna ballare) cercando di smorzare la volatilità acquistando/vendendo call/put. Se si è entrati scarichi di azionario allora l’investimento dovrebbe essere a piccole dosi, privilegiando per il medio termine quelle società che producono cassa e hanno una redditività superiore a quella media del proprio settore e impostare operazioni di trading per tutte la altre. Cinicamente, ma le borse sono così, lo scoppio delle guerre è spesso stata un’opportunità di acquisto in un’ottima di lungo periodo.
-
Tognoli
Torna a Tognoli