Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Se l’acquisto di una azione è corretto, il momento di venderla è quasi mai (I. Fisher).
Prezzi al consumo di gennaio in USA (stima 7,3% contro 7% di dicembre) e richiesta dei sussidi alla disoccupazione WoW in uscita alle 14:30 (stima 228k contro 238k della scorsa settimana). Qualsiasi dato di inflazione superiore al 7% non piace ai mercati perchè alimenta l’incertezza (e quindi la volatilità) circa le prossime mosse della FED. Se a fine 2021 si discuteva di tre/quattro rialzi dei tassi, ora le aspettative indicano che potrebbero essere cinque o sei con Bank of America che parla addirittura di sette rialzi nel 2022. Venerdì scorso i dati molto positivi del mercato del lavoro (sono stati creati 467k di nuovi posti contro una stima di 150k) hanno alimentato le aspettative, che sembrano essersi sopite, di un rialzo di 50 bp a marzo. In realtà nessun membro della FED si è espresso in questo senso, ma non è del tutto escluso che potrebbe cominciare a farlo, qualora l’inflazione risulti elevata. I mercati si pongono quindi diverse domande che riguardano sia l’entità dell’aumento di marzo (0,25% o 0,50%), sia il numero dei rialzi complessivi del 2022. Gli analisti stimano che a fine anno il rendimento sia dell’1,37%, che significa oltre l’1,25% che sommerebbe un totale di 5 rialzi da un quarto di punto l’uno. E di questi 5-6 rialzi il mercato in questo momento se ne aspetta due a breve, ovvero un aumento di 50% bp il 16 marzo.
Dall’inflazione alla recessione il passo è breve. Una volta cresciuti, i prezzi difficilmente scendono e la loro crescita, anche se con intensità minore, continua ad erodere il potere d’acquisto dei lavoratori che riducono i consumi. Facile prevedere una drastica diminuzione della crescita del PIL, i cui primi segnali hanno tra l’altro cominciato a manifestarsi. Probabile inoltre il rimettersi in moto della pericolosa spirale salari-prezzi che potrebbe allungare il rientro dell’inflazione.
Che succede ai mercati di fronte a questo scenario? Con un’inflazione di questo tipo, Powell non può dare tanto ascolto ai mercati e intervenire per calmarli perché deve concentrare gli sforzi nel ridurre la corsa dei prezzi. Dall’altro lato, la Yellen ha più volte fatto intendere come ai livelli attuali di prezzo, i mercati fossero entrati in una bolla speculativa. Questo significa che la volatilità sui mercati rimarrà elevata almeno fino a giugno luglio quanto riteniamo possibile che la FED, di fronte ad un marcato rallentamento della crescita del PIL, diventi meno falco.
Lo scenario di riduzione della crescita dei prezzi, porterebbe benefici sul fronte energetico, la cui domanda si ridurrebbe. Un altro punto a favore riguarderebbe l’offerta che potrebbe presto arricchirsi del petrolio Iraniano, considerato che i progressi dei negoziati sul nucleare potrebbero portare a breve ad una revoca delle sanzioni. Riteniamo che questo scenario sia compatibile con un prezzo compreso tra 80 e 100 dollari al barile.
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Tognoli
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