Il punto sul mercato di Antonio Tognoli
Non avere panico. Il momento giusto per vendere è prima del crollo, non dopo (J. Templeton).
In uscita oggi alle 14:30 le richieste dei sussidi alla disoccupazione WoW USA (stima 245k contro 260k della scorsa settimana), alle 15:45 il PMI servizi di gennaio in USA di gennaio (stima 50,9 punti contro 57,6 di dicembre), alle 16 ISM non manifatturiero USA di gennaio (stima 59,3 punti contro 62 di dicembre).
Oggi è il turno della BCE. Le attese sono per un nulla di fatto, dopo che a dicembre i governatori hanno deciso la fine del PEPP al 31 marzo, prorogando al tempo stesso l’orizzonte temporale del programma di reinvestimenti almeno fino alla fine del 2024. E questo nonostante gli stessi abbiano riconosciuto che l’inflazione verrà riassorbita in modo più lento di quanto previsto inizialmente. Anche di fronte al dato di gennaio, dove l’inflazione dell’Eurozona ha superato le attese degli analisti di oltre mezzo punto, non ci aspettiamo che la strategia della BCE cambi: la crescita dei prezzi è temporanea e destinata ad essere gradualmente riassorbita nel corso dell’anno ed è attesa tornare nell’intorno del 2% nel 2023-24. E’ quindi probabile che la presidente ribadirà che un aumento dei tassi nel 2022 non sia al momento previsto. Con tutta probabilità grande attenzione verrà posta anche agli effetti dell’inasprirsi delle condizioni finanziarie, delle vicende geopolitiche e sui primi timidi segnali di un miglioramento dei colli di bottiglia che tutt’ora attanagliano gli approvvigionamenti. Siamo quindi convinti che la BCE manterrà la rotta stabilità, pronta però ad adeguare la politica monetaria nel caso le condizioni generali dovessero deragliare troppo dagli obiettivi.
I mercati stano tuttavia sfidando la BCE, prezzando ben due rialzi già nel 2022. I mercati, si sa, hanno sempre ragione ma talvolta esasperano le tendenze.
Lo scorso anno la crescita economica Europea è stata particolarmente robusta, grazie all’incremento della domanda che ha consentito a numerose aziende di trasferire sui prezzi finali di vendita gli aumenti delle materie prime, mantenendo invariati i margini (i profitti aziendali netti del 2021 stimiamo siano cresciuti del 50% circa rispetto al 2020). Nel corso del 2022 l’attenuazione delle pressioni inflattive, ancorchè graduale, dovrebbe consentire un’ulteriore crescita dei profitti di circa l’8-10%. Non registriamo al momento pressioni inflattive da salari. Lo scenario è compatibile con una politica monetaria che rimane accomodante per il 2022 e che accompagna l’economia al pieno recupero. L’Europa è inoltre meglio posizionata rispetto agli USA per beneficiare della riorganizzazione delle catene di approvvigionamento, che molti paesi stanno riconfigurando a causa sia della pandemia che delle tensioni geopolitiche, in particolare le società di macchinari e strumenti utilizzati nei processi di produttivi, così come le aziende di attrezzature per semiconduttori. Quindi, secondo le nostre stime i mercati non stanno prezzando correttamente l’aumento dei tassi, che riteniamo potrebbe verificarsi solamente in presenza di una ulteriori forti strozzature nelle catene dell’offerta e/o una crescita dei consumi maggiore delle attese e/o forti rivendicazioni salariali che comportino un ulteriore forte shock dell’inflazione.
Inoltre a partire dal 2022, le aziende Europee potranno anche beneficiare degli stimoli del Multilateral Facility Framework (MFF) e del Next Generation EU, che metteranno a disposizione per gli investimenti complessivamente circa 1.800 miliardi di euro fino al 2027. Una larga parte di questi sarà indirizzata a progetti destinati a traghettare il cambiamento climatico: l’Europa ha molte aziende leader mondiali nelle tecnologie sostenibili che potrebbero beneficiarne.
Dando uno sguardo ai mercati azionari, evidenziamo come a gennaio il divario tra i multipli Europei e quelli USA si sia ulteriormente ampliato: il P/E medio 2022 dei titoli che compongono l’S&P 500 risultava pari a 22,2x, mentre quello dei titoli che compongono l’Eurostocks 600 risultava pari a 17,5x. In base alle nostre stime, riteniamo che i mercati europei possano sovraperformare il mercato USA in termini relativi. Siamo tuttavia convinti che l’elevata incertezza che caratterizza lo scenario economico e politico e che ha comportato un aumento della volatilità, difficilmente possa schiarirsi a breve. Motivo per il quale crediamo che la volatilità possa mantenersi elevata per gran parte dell’anno. Per coprirsi da eventuali bottom/sell-off, una buona strategia potrebbe essere quella di comprare volatilità, operando sul mercato della opzioni.
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