Il punto sul mercato di Antonio Tognoli 30.09.2021
Stagflation is the greatest threat to Europe’s economic recovery. E se lo dice Monti….
Dato USA importante in uscita oggi: alle 15:45 il PMI Chicago di settembre (stima 65 punti, in leggera flessione rispetto al dato precedente di 66,8 punti). Alle 14:30 esce anche il dato definitivo sul GDP del 2° trimestre, che non dovrebbe scostarsi dal preliminare del 6,6% reso noto il 26 agosto scorso.
La flessione attesa nel PMI sembrerebbe poca cosa, ma in realtà arriva da un’altra flessione: in agosto era infatti 73,4 punti. Perché il PMI è importante? Intanto perché l’area di Chicago è il cuore industriale degli Stati Uniti, soprattutto automobilistico.
L’andamento dei nuovi ordini e degli ordini inevasi (il business barometer), i tempi di consegna dei fornitori e i prezzi, rappresentano infatti un buon indicatore della possibilità che spinte inflattive si manifestino poi su scala nazionale. La flessione segnala che i direttori d’acquisto di 200 aziende manifatturiere si aspettano una contrazione dell’attività produttiva. Contrazione che dovrebbe essere poi confermata venerdì dall’ISM. La flessione dell’attività produttiva, causa ed effetto della riduzione del tasso di crescita del GDP verso il suo potenziale (2-2,5% circa) voluta dall’amministrazione e che contribuisce a raffreddare l’inflazione, potrebbe anche essere vista con favore. Per un certo periodo.
Il problema, è con quali armi la politica monetaria riuscirà a raffreddare contemporaneamente la crescita economica e la crescita dei prezzi, senza che queste “scappino di mano”: crescita bassa con prezzi che continuano a salire (stagflazione, anche se non siamo nel 1973?). Se così fosse, ci sono due strade: la prime per uscirne, o meglio per non entrarci, sarebbe quella di abbassare drasticamente i tassi (Powell ha detto che inizierà il tapering a novembre e alzerà presumibilmente i tassi a partire dal 2022).
La seconda strada è un palliativo più che una cura e consiste dal troncare sul nascere la rincorsa prezzi/salari: ad un aumento dei prezzi, soprattutto energia e materie prime non deve corrispondere un adeguamento inflattivo delle richieste salariali (l’aumento degli stipendi a bassa qualifica nell’ultimo anno (+6%) è stato superiore alla media dell’intero settore privato (+2,6). Inoltre, il tasso di partecipazione al mercato del lavoro è sceso costantemente negli ultimi 20 anni passando dal 67,3% del 2000 al 61,6%. Minore offerta di lavoro e domanda delle imprese crescente propendono per un aumento dei salari).
Non siamo del tutto convinti che gli indici azionari scontino questo scenario.
-
Tognoli
Torna a Tognoli