Il punto sul mercato di Antonio Tognoli 16.09.2021
Opportunity is missed by most people because it is dressed in overalls and looks like work.
Nuovi dati USA in uscita oggi alle 14:30: vendite al dettaglio di agosto, dove è attesa una flessione dell’1% contro -1,1% di luglio e le richieste settimanali di sussidi USA, dove le attese indicano 318k contro 310k (di solito variazioni settimanali inferiori a 35k non segnalano cambiamenti significativi nel mercato del lavoro).
Dopo i dati positivi del mese di luglio, dove l’economia USA ha creato 943k posti di lavoro non agricoli (il consensus era di 870k), agosto si è chiuso peggio del consensus: 235k nuovi posti di lavoro creati contro 800k di consensus. In linea comunque con le previsioni al 5,2% il tasso di disoccupazione, molto vicino a quello naturale, indicato nell’intorno del 5%.
Già all’inizio della primavera il mercato del lavoro aveva mostrato segnali di tensione, poi in parte rientrati. Ma più ci avviciniamo al tasso naturale, più le imprese USA faticano a trovare lavoratori. Questo, dovuto in parte alla pandemia e in parte a cause già esistenti, sta facendo guadagnare potere contrattuale ai dipendenti (facendo tornare a funzionare la curva di Phillips ?) e implica, come prevedibile, un aumento degli stipendi, anche alla luce di un aumento dei prezzi.
Un dato molto commentato sul mercato del lavoro USA è quello dei dimissionari: ad aprile scorso il numero ha toccato un livello mai visto storicamente e pari a 4 mln di individui. Questo potrebbe indicare un ottimismo sulla capacità di trovare un nuovo impiego a condizioni economiche migliori, ma anche che molti sono usciti dal mondo del lavoro (sono contati tra gli inattivi) per i più svariati motivi, non ultimo i sussidi di disoccupazione, che spesso sono più elevati degli stipendi offerti. Motivo questo per il quale per esempio l’aumento degli stipendi a bassa qualifica nell’ultimo anno (+6%) è stato superiore alla media dell’intero settore privato (+2,6%). Ma il fenomeno dimissioni si sta estendendo anche ai lavoratori più qualificati: nel settore dei servizi ad aprile hanno lasciato il proprio lavoro 700k unità, valore mensile più alto mai registrato.
La carenza di lavoratori potrebbe non finire tanto presto: si pensi solo che il tasso di partecipazione al mercato del lavoro è sceso costantemente negli ultimi 20 anni passando dal 67,3% del 2000 al 61,6%. Inevitabili le ripercussioni a medio/lungo periodo sulla redditività delle imprese che, per mantenere stabili i profitti, si troverebbero costrette ad aumentare i prezzi, contribuendo così a creare insieme alle materie prime, una insidiosa inflazione di medio periodo. Difficile dire quanto questo scenario possa essere concreto e soprattutto anche quali possano essere le politiche economiche conseguenti. Se così fosse, i mercati finanziari si troverebbero a dover scontare un inedito scenario, fatto da inflazione, rendimenti reali incerti e profitti delle imprese sotto pressione.
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