Il punto sul mercato di Integrae SIM

«L’ottimismo è il coraggio di chi guarda oltre la tempesta» (Jean Monnet)
Le borse europee hanno chiuso la seduta di venerdì in calo, ma sopra i minimi di giornata: STOXX 600 (0,6%), FTSE 100 (0,6%), DAX (0,7%), CAC (0,3%), FTSE Mib -0,35%. Dopo una settimana debole, il sentiment resta fragile, ma emergono segnali di stabilizzazione nelle trimestrali.
Secondo JPMorgan, con il 75% delle società dello STOXX Europe 600 ormai a bilancio, gli utili del terzo trimestre mostrano una crescita modesta dell’1% su base annua, con il 54% delle aziende che ha superato le attese e un fattore sorpresa positivo del 2%. Il dato rappresenta un miglioramento rispetto alle fasi iniziali della stagione, quando Bank of America aveva rilevato una contrazione del 3% degli EPS e solo il 49% di battute positive.
I ricavi restano il tallone d’Achille: -1% anno su anno, con sette undici settori in calo o piatti e solo il 41% delle aziende sopra le stime. Il confronto con gli Stati Uniti resta impietoso, dove l’S&P 500 registra una crescita degli utili del 15% e un tasso di sorprese positive dell’82%
Secondo JPMorgan, “il peggio potrebbe essere alle spalle”, con margini di miglioramento per il 2025. Più prudente BofA, che vede un ulteriore taglio del 7% alle stime forward, anticipando un -1% di crescita per l’anno prossimo.
Rimbalzo nel finale, ma settimana in rosso
A Wall Street, gli indici hanno chiuso misti ma lontani dai minimi intraday: Dow +0,16%, S&P 500 +0,13%, Nasdaq -0,21%, Russell 2000 +0,58%. Nonostante il recupero del pomeriggio, S&P e Nasdaq hanno interrotto la striscia positiva di tre settimane consecutive.
Il mercato ha trovato sostegno da indiscrezioni secondo cui i Democratici avrebbero proposto di porre fine allo shutdown in cambio di un’estensione di un anno dei sussidi ACA, proposta poi respinta dai Repubblicani, ma che ha lasciato spiragli di compromesso.
La volatilità resta alta: i timori legati all’AI trade, alla valutazione dei titoli tecnologici e alla fragilità dei consumi si sono sommati al tema della softness del mercato del lavoro, con l’aumento dei tagli occupazionali corporate (dati Challenger in quanto quelli ufficiali sono sospesi per lo shutdown). Nonostante ciò, la narrativa resta costruttiva, sostenuta da utili a doppia cifra, tagli Fed, stagionalità positiva, riattivazione dei buyback e rinnovata attività M&A.
Consumatori depressi ma aspettative d’inflazione in calo
Il sentiment dei consumatori americani è precipitato ai minimi storici, colpito da inflazione, disoccupazione in aumento, guerra commerciale globale e un shutdown record. L’indice preliminare di novembre dell’Università del Michigan è sceso di 3,3 punti a 50,3, vicino al livello del 2022, il più basso dal 1978.
Il sottoindice sulle condizioni correnti è crollato a 52,3, un minimo storico, mentre le percezioni sul mercato del lavoro si sono deteriorate ulteriormente. Tuttavia, emerge un piccolo segnale positivo: le aspettative d’inflazione a un anno sono scese dal 3,4% al 3,2%, secondo l’indagine della Federal Reserve Bank of New York.
Gli americani, però, restano cupi: la probabilità media che la disoccupazione salga entro 12 mesi è ora al 43%, massimo da aprile. In sintesi, l’umore resta depresso, ma la moderazione delle attese sui prezzi lascia aperto un margine per la Fed, che potrebbe vedervi la conferma di una disinflazione ordinata. Nonostante l’orientamento sfavorevole, gli analisti ritengono che una sconfitta giuridica per Trump non sarebbe decisiva, poiché l’amministrazione potrebbe utilizzare strumenti legali alternativi per mantenere attiva la guerra commerciale globale.
Intanto, la popolarità della Corte Suprema continua a scendere, toccando il minimo degli ultimi trent’anni, segno di un crescente scetticismo dell’opinione pubblica sulla neutralità politica delle sue decisioni.