Il punto sul mercato di Integrae SIM

“Il mercato del lavoro sta passando da congelato a incrinato.” (Heather Long)
I mercati azionari europei hanno chiuso la settimana in calo, allineandosi alla debolezza vista a Wall Street: STOXX 600 -0,2%, FTSE 100 -0,1%, DAX -0,7%, CAC -0,3%, FTSE Mib -0,91%. La flessione arriva in un contesto in cui l’attenzione resta puntata sul prossimo meeting della BCE. Secondo l’ultimo sondaggio Bloomberg, la maggioranza degli economisti ritiene che il ciclo di tagli sia giunto al termine. Le attese si concentrano ora su un tasso di deposito stabile al 2% almeno fino a fine 2026, con un quarto del campione che ipotizza invece uno o più rialzi entro dicembre dello stesso anno.
Sebbene alcuni osservatori ipotizzino ancora un taglio entro marzo, l’orientamento prevalente sembra favorire una “pausa estesa”. Anche per questo motivo, le probabilità di un intervento nel quarto trimestre restano basse. Le dichiarazioni dei funzionari BCE rafforzano questo scenario: la fiducia nella strategia attuale è cresciuta dopo la pausa di luglio, favorita anche da un’inflazione headline vicina al target del 2% e da segnali di raffreddamento nei prezzi core e nei servizi.
Indicatori prospettici suggeriscono una possibile stabilizzazione del ciclo economico europeo. Contestualmente, ci sono timidi segnali che l’inflazione abbia toccato un punto di minimo, dopo un breve passaggio sotto il 2%. Il quadro resta quindi in equilibrio tra prudenza e attesa, senza chiari segnali di svolta.
Wall Street in calo, ma S&P registra quarta settimana positiva su cinque
Negli Stati Uniti, la seduta di venerdì si è chiusa perlopiù negativa, pur terminando lontano dai minimi: Dow -0,48%, S&P 500 -0,32%, Nasdaq -0,03%, Russell 2000 +0,48%. Nonostante ciò, l’S&P ha messo a segno la quarta settimana positiva nelle ultime cinque, mentre il Nasdaq ha interrotto una serie negativa durata tre settimane.
L’apertura in rialzo, alimentata dal report sull’occupazione di agosto più debole delle attese, è stata smorzata nel finale. Il dato ha favorito una discesa dei rendimenti, in particolare il biennale statunitense, ai minimi da aprile, e ha riacceso le aspettative di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve. Attualmente il mercato prezza una probabilità del elevatissima di un taglio da 50 punti base già a settembre, per un totale di 66 punti base da qui a dicembre (in crescita di circa 8 punti rispetto al dato precedente alla pubblicazione).
Alcuni analisti hanno rivisto al rialzo il percorso di allentamento della Fed, anche se non mancano le voci più caute: il rallentamento occupazionale potrebbe non bastare a giustificare timori recessivi, visto il buon andamento dell’indagine sulle famiglie, la tenuta dei salari e l’impatto del calo dell’immigrazione.
Stati Uniti: un mercato del lavoro che scricchiola
La settimana breve per via del Labor Day non ha risparmiato brutte notizie all’amministrazione Trump. Dopo sei mesi consecutivi di contrazione manifatturiera, venerdì è arrivato il dato sull’occupazione, che segna forse il colpo più duro. Il tasso di disoccupazione è salito al 4,3%, il livello più alto dal 2021. Solo pochi anni fa, si parlava di un mercato del lavoro ai minimi storici degli ultimi cinquant’anni.
Il dato, rilasciato dal Bureau of Labor Statistics, conferma un quadro in progressivo deterioramento: la crescita occupazionale ha perso slancio, le offerte di lavoro sono diminuite e i salari si stanno raffreddando. La scorsa settimana Trump ha rimosso il commissario dell’ufficio statistico, dopo un report altrettanto deludente. Secondo l’economista Heather Long di Navy Federal Credit Union, “il mercato del lavoro sta passando da congelato a incrinato” e l’attuale fase riflette una recessione sia per i colletti bianchi che per quelli blu.