Il punto sul mercato di Integrae SIM

“I mercati sono come i politici: promettono tanto, ma poi mantengono solo quello che conviene” (John Kenneth Galbraith)
Bond sotto pressione: il debito pesa su settembre
I mercati azionari europei hanno chiuso la seduta di mercoledì in rialzo ma lontani dai massimi intraday: STOXX 600 +0,7%, FTSE 100 +0,6%, DAX +0,5%, CAC +0,9%, FTSE Mib +0,14%, che resta sotto la soglia psicologica dei 42mila punti. Al centro dell’attenzione il movimento dei rendimenti obbligazionari, con i titoli giapponesi a 30 anni ai massimi storici e il 20 anni ai livelli più alti dal 1999. Il movimento riflette in larga parte i rialzi già visti sui Treasury americani e sulle emissioni europee. In particolare, la pressione fiscale e l’annuncio di emissioni record da parte di Italia e UK hanno contribuito al recente backup globale dei tassi. Il mese di settembre, notoriamente debole per le obbligazioni, è aggravato dalla stagionalità delle emissioni: Stati e aziende si affrettano a finanziare i propri piani prima della chiusura dell’anno e nella prospettiva di un freno al trend di ribasso del costo del denaro.
Sul fronte macroeconomico, i dati europei non hanno riservato sorprese: i PMI compositi finali dell’Eurozona sono stati rivisti al ribasso, mentre il PPI si è mostrato più morbido delle attese. In Gran Bretagna, invece, il PMI servizi ha toccato il massimo da 16 mesi, offrendo un segnale di resilienza. Sempre più voci all’interno della BCE suggeriscono una pausa nel ciclo di tagli: il consenso sembra formarsi attorno a una strategia attendista in vista della riunione della prossima settimana.
Wall Street guarda alle banche centrali, ma festeggia l’Antitrust soft
Negli Stati Uniti, la seduta si è chiusa in maniera contrastata, ma i listini hanno recuperato nel finale: Dow +0,05%, S&P 500 +0,51%, Nasdaq +1,02%, Russell 2000 +0,10%. A guidare il rimbalzo è stata Big Tech, con Google e Apple in evidenza. I titoli hanno beneficiato della sentenza sul processo Antitrust contro Google: il verdetto ha escluso le sanzioni più gravi, come la vendita forzata del browser Chrome, limitandosi a imporre a Google l’obbligo di condividere i dati delle ricerche con i concorrenti e vietare contratti esclusivi. La società potrà comunque mantenere gli accordi di revenue sharing, incluso il pagamento annuale da $20 miliardi ad Apple per mantenere Google come motore di ricerca predefinito sugli iPhone.
La lettura da parte degli analisti è stata chiara: si tratta di una vittoria tattica per l’intero comparto tech, con multipli in revisione al rialzo e uno sgravio sulle preoccupazioni regolatorie che avevano appesantito la narrativa recente, già indebolita da valutazioni elevate, backup sui tassi, tensioni sull’AI e timori sul Capex delle big tech.
Tagli dei tassi sempre più probabili, ma l’OPEC+ preoccupa
Sul fronte monetario, il focus resta sulla Federal Reserve: dopo il rallentamento delle offerte di lavoro (JOLTS), la probabilità di un taglio a settembre è salita oltre il 95%. Il governatore Waller ha ribadito una posizione dovish, e si attende l’inizio degli incontri per la successione alla guida della Fed. Tuttavia, il Senatore Tillis (ago della bilancia nella camera alta) ha dichiarato che non prenderà in considerazione un sostituto per Lisa Cook fino alla conclusione delle verifiche legali sul suo mandato, complicando il percorso di nomina.
Infine, sul fronte delle materie prime, il calo del petrolio rafforza la narrativa disinflazionistica, ma secondo fonti OPEC+, è in valutazione un aumento della produzione. Se confermata, la notizia rischia di riequilibrare le attese sui prezzi e quindi calmierare le aspettative di un ritorno dell’inflazione.