Il punto sul mercato di Integrae SIM

“A volte si è incudine, altre martello” (Ascenzio Panatta)
L’Unione scommette su Trump? Le Borse europee hanno chiuso ieri in rialzo, sostenute dall’ennesimo colpo di scena nei negoziati commerciali con gli Stati Uniti: STOXX 600 +0,4%, FTSE 100 +0,5%, DAX +0,6%, CAC 40 +0,6%, FTSE Mib +0,67%. Washington ha formalmente offerto all’UE un accordo con dazio universale al 10 %, esclusi aeromobili e spirits, mantenendo però i pesanti 50 % su acciaio e alluminio europei. In cambio, Berlino otterrebbe quote agevolate per l’import di auto prodotte in Germania ma assemblate negli impianti Usa. Con la scadenza tariffaria spostata al 1° agosto, Bruxelles ha qualche settimana in più per decidere se accettare un’intesa asimmetrica oppure rischiare dazi ben più alti. Eurointelligence legge la mossa come parte integrante della strategia trumpiana di massimizzare il gettito doganale, mentre Goldman Sachs sottolinea che l’assenza dell’Europa nella prima ondata di lettere punitive mette il blocco in posizione negoziale relativamente migliore rispetto ad altri partner.
Wall Street in pausa tecnica, mentre Trump alza la posta sulle tariffe
A New York gli indici hanno chiuso misti: Dow Jones -0,37 %, S&P 500 -0,07 %, Nasdaq +0,03 %, Russell 2000 +0,66 %. Sessione senza direzione univoca, condizionata dall’incertezza sui dazi e dalla mancanza di catalyst macro di rilievo. La Casa Bianca ha inviato le prime lettere tariffarie a Giappone e Corea del Sud (25 % dal 1° agosto) e ha evocato dazi «fino al 200 %» su farmaci e materiale sanitario, oltre a un 50 % sul rame. Trump ha inoltre minacciato un ulteriore 10 % per i Paesi che dovessero “abbracciare politiche anti-americane” nell’ambito dei BRICS. Sul fronte corporate si avvicina la stagione di utili: il consensus prevede un rallentamento della crescita a circa 5 % su base annua, con consueta possibilità di sorprese al rialzo. Intanto, le aspettative di mercato sui tagli Fed restano attorno ai 50 bp di allentamento entro fine anno, sostenute dalla narrativa di «macro-resilienza USA».
Target S&P in rialzo, ma i rischi restano: timori utili e variabile dazi
Gli strategist di BofA hanno alzato ieri il target di fine 2025 per l’S&P 500 a 6.300 punti (12 mesi: 6.600), riducendo il premio al rischio azionario grazie alla capacità delle big cap di navigare l’incertezza macro. Goldman Sachs ha ritoccato i propri obiettivi (12 mesi: 6.900) puntando su un allentamento Fed più rapido, rendimenti obbligazionari più bassi e solidità dei giganti tech. Entrambi gli istituti, però, avvertono che il sentiero nel breve resta accidentato: attese di EPS “tiepidamente positive”, rischio di delusioni sull’hi-tech e, soprattutto, l’incognita dell’effettivo livello dei nuovi dazi. A Wall Street circola già la metafora del “Trump Call”: se mercati e dati reggono, la Casa Bianca potrebbe sentirsi autorizzata a spingere ancora sull’acceleratore tariffario, invertendo quell’ombrello protettivo (“Trump Put” o “TACO”) che finora ha favorito il rally.