Il punto sul mercato di Integrae SIM

“Quando la sicurezza diventa priorità assoluta, il conto lo pagano sempre i mercati.” (George Soros)
È il momento del Nato Trade. Chiusura negativa mercoledì per le borse europee: STOXX 600 -0,7%, FTSE 100 -0,5%, DAX -0,6%, CAC 40 -0,8%, FTSE Mib -0,39%. Pesano soprattutto le dichiarazioni del presidente USA Trump al vertice NATO dell’Aia, dove gli alleati hanno concordato di portare la spesa per la difesa al 5% del PIL entro il 2035, un obiettivo ambizioso diviso tra 3,5% per esigenze militari primarie e 1,5% per infrastrutture e sicurezza informatica. L’accordo rappresenta la più significativa svolta strategica nella politica difensiva NATO degli ultimi decenni, puntando a rispondere alla crescente aggressività della Russia e alle nuove sfide di sicurezza globale. Trump ha definito l’impegno «ferreo», riaffermando la sua adesione all’articolo 5 sulla difesa collettiva. Tuttavia, le implicazioni finanziarie per i paesi europei, già gravati da elevati livelli di debito, appaiono preoccupanti. L’annuncio ha colpito in particolare la Spagna, che aveva respinto l’impegno del 5%, alimentando timori sulla capacità europea di conciliare investimenti militari così ingenti con le priorità interne. L’accordo, inoltre, ha riaffermato il sostegno all’Ucraina, evitando però una condanna diretta alla Russia, scelta che riflette la cautela geopolitica del momento.
Wall Street contrastata, focus su dati macro e politica
Seduta incerta anche a Wall Street, con performance divergenti tra i vari indici: Dow Jones -0,25%, S&P 500 invariato, Nasdaq +0,31%, mentre il Russell 2000 arretra di -1,16%. In assenza di sviluppi significativi sul fronte geopolitico dopo la tregua Israele-Iran, i mercati si concentrano ora sulla politica interna americana. La legge di riconciliazione fiscale repubblicana appare ormai in dirittura d’arrivo, anche se il presidente Trump dovrà ancora gestire una delicata partita politica con repubblicani moderati e falchi fiscali. L’altro fronte caldo è quello delle trattative tariffarie con l’UE, in vista della scadenza del 9 luglio, con la Casa Bianca che promette annunci imminenti ma lascia aperta la possibilità di proroghe selettive. Intanto, cresce la pressione politica sulla Fed per un rapido taglio dei tassi, dopo i commenti più accomodanti di Waller e Bowman, a cui fa da contraltare l’atteggiamento più prudente di Powell e altri membri del board. Ad aumentare la tensione sui mercati anche la prospettiva di importanti flussi in uscita dalle azioni USA per la fine di mese e trimestre.
Macro USA deludente, aumentano timori recessione
Si intensificano i segnali di debolezza economica negli Stati Uniti, con il Citi Economic Surprise Index che mercoledì è sceso ai minimi da settembre 2024 dopo una serie di dati macroeconomici deludenti. Il mercato del lavoro mostra crescenti segni di fragilità, con il differenziale sulla fiducia dei consumatori tra chi vede posti di lavoro abbondanti e chi scarsi sceso ai minimi da marzo 2021. Preoccupanti anche le richieste settimanali di disoccupazione, con la media mobile a quattro settimane salita a 245 mila unità, massimo dall’agosto 2023. Similmente, i dati sui sussidi continuativi rimangono vicini ai massimi da novembre 2021. Anche il mercato immobiliare desta crescenti timori: gli avvii di nuovi cantieri e i permessi edilizi di maggio hanno deluso, segnando livelli che alcuni economisti considerano indicatori anticipatori di recessione, mentre le vendite di case esistenti hanno registrato il mese di maggio più lento dal 2009. Gli economisti di Bank of America hanno così rivisto al ribasso la previsione sugli avvii di nuove costruzioni residenziali, prevedendo ora un calo annuo del 7% per il 2025 rispetto alla precedente stima del 3%. Sul fronte aziendale, aumenta la cautela nelle decisioni di spesa: l’indice delle aspettative sugli investimenti del Richmond Fed è sceso ai minimi dal febbraio 2009, mentre sondaggi condotti da Axios e JPMorgan evidenziano prudenza crescente tra i dirigenti aziendali. Questi elementi macroeconomici deludenti alimentano aspettative di una politica monetaria più accomodante da parte della Fed, ma al contempo accrescono i timori per una possibile contrazione economica nel prossimo futuro.