Il punto sul mercato di Integrae SIM

“I mercati temono più ciò che non vedono che ciò che hanno davanti agli occhi.” (Nassim Nicholas Taleb)
Wall Street torna a tremare! La scorsa settimana si è chiusa in negativo per i mercati statunitensi, in rosso dopo tre settimane consecutive di guadagni: Dow Jones -1,79%, S&P 500 -1,13%, Nasdaq -1,30% e Russell 2000 -1,85%. La seduta, caratterizzata da forti ribassi, è stata dominata dall’escalation delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente. I listini hanno toccato i minimi intraday dopo le notizie della rappresaglia iraniana, con missili balistici lanciati contro Israele, in risposta agli attacchi aerei notturni israeliani contro strutture nucleari e militari iraniane, che avevano provocato vittime tra ufficiali militari e scienziati nucleari. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che l’operazione militare durerà «finché sarà necessario», forse settimane. Intanto, il segretario di Stato USA Marco Rubio ha precisato che Israele ha agito unilateralmente, mentre il presidente Donald Trump ha rivelato che alcuni esponenti iraniani lo hanno già contattato. La crisi ha immediatamente impattato il mercato del petrolio, con un netto rialzo dei prezzi, anche per effetto di una forte esposizione ribassista dei fondi sistematici. Tuttavia, il clima generale sui mercati finanziari non si è trasformato in un panico generalizzato, pur generando forte cautela tra gli investitori.
Crisi geopolitica: i mercati trattengono il respiro, ma non fuggono
In un anno già segnato da molteplici crisi globali, l’attacco notturno di Israele all’Iran non ha scatenato una fuga generalizzata dai mercati finanziari. Se l’oro ha registrato rialzi e le azioni ribassi, non c’è stato il temuto panico collettivo. Gli operatori, abituati ormai a una volatilità generata da conflitti simultanei in Europa, Gaza e Africa, hanno seguito un copione noto: shock iniziale, ribasso delle quotazioni e immediato intervento degli acquisti in ribasso (dip-buying). L’indice S&P 500 rimane comunque a meno del 3% dai massimi storici. Anche il petrolio, dopo il balzo iniziale, ha parzialmente ridimensionato i guadagni. Ad aiutare il sentiment, i dati sulla fiducia dei consumatori statunitensi, migliori delle aspettative, e il quarto mese consecutivo di dati positivi sull’inflazione USA, superiori alle attese del Dipartimento del Lavoro. Più deludenti i dati macro europei che hanno mostrano venerdì un rallentamento della produzione industriale più marcata delle attese. Questa calma apparente non deve quindi ingannare: i rischi restano elevati e i mercati potrebbero rapidamente cambiare direzione.
Gas in tensione: Europa in allarme per escalation in Medio Oriente
L’escalation in Medio Oriente ha fatto schizzare i prezzi del gas europeo ai massimi da inizio aprile 2025, con quotazioni già sostenute dalla domanda generata da temperature elevate. Le nuove tensioni creano ulteriore pressione sui mercati globali del gas, in una fase critica in cui l’Europa si trova a competere con l’Asia per le limitate forniture di GNL, indispensabili per riempire gli stoccaggi prima dell’inverno. Il timore principale degli analisti è che l’Iran punti a internazionalizzare il conflitto, colpendo infrastrutture energetiche strategiche. Il rischio principale riguarda possibili interruzioni dei flussi di GNL provenienti dal Qatar attraverso lo Stretto di Hormuz, da cui transita oltre il 20% del commercio globale di GNL. Un eventuale blocco degli impianti israeliani di Tamar ed EMG non comprometterebbe solo le forniture israeliane, ma anche le esportazioni verso l’Egitto, mettendo a rischio le forniture domestiche egiziane e le esportazioni di GNL verso Turchia e diversi paesi dell’Unione Europea. Già recentemente BNP Paribas aveva segnalato che i mercati del gas europei si stavano mostrando troppo ottimisti rispetto ai possibili scenari negativi, prevedendo che gli stoccaggi UE sarebbero risultati sotto i target già il 1° novembre e stimando una ripresa significativa della domanda asiatica. Ancora una volta, l’Europa si trova a fare i conti con l’instabilità geopolitica, che rischia di compromettere seriamente il suo equilibrio energetico in vista dell’inverno.