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Insights 10 Apr 2025

Il punto sul mercato di Integrae SIM

“La guerra commerciale è una forma moderna di assedio: non si espugnano i castelli, si bloccano le vie di scambio.” (Charles Kindleberger, storico dell’economia)

Rimbalzo a Wall Street dopo il dietrofront (parziale) di Trump. Dopo quattro sedute consecutive in calo, gli indici americani hanno messo a segno un deciso rimbalzo: l’S&P 500 ha registrato la miglior seduta dal 2008, il Nasdaq la seconda migliore di sempre dopo il 2001. A sostenere il rally è stata la decisione di Trump di concedere una pausa di 90 giorni all’aumento delle tariffe per 90 Paesi, lasciando però in vigore l’imposizione su Pechino, con un rialzo immediato al 125%. Il presidente ha giustificato la mossa con la volontà di favorire i negoziati, ma per molti analisti è stata la reazione dei mercati a dettare la retromarcia, segno che il cosiddetto “Trump put“, pur più debole rispetto al passato, è ancora operativo. Il rally è stato amplificato da una situazione tecnica estrema, con posizionamenti ai minimi da mesi (secondo Goldman Sachs e Morgan Stanley) e forti vendite retail documentate da JPMorgan. Tuttavia, gli osservatori restano cauti: la tariffa universale del 10% resta in vigore, la tensione con la Cina si intensifica, e le prospettive per la crescita globale restano incerte.

Bond sotto pressione, Fed nel mirino: l’inflazione limita i margini di manovra

Al netto della sorprendente marcia indietro di Trump, I rendimenti obbligazionari continuano a salire, con il 10 anni USA che ha superato brevemente il 5,0%, in rialzo di 50 punti base nella sola settimana. Gli operatori guardano con preoccupazione all’aumento dell’offerta, con nuove aste da $ 39 miliardi ieri e $ 22 miliardi oggi, dopo una domanda deludente nei titoli a 3 anni. Il movimento riflette una deteriorata liquidità, vendite forzate legate a trade speculativi e preoccupazioni per le finanze pubbliche statunitensi (ricordiamo che il rapporto tra debito e PIL tra il Trump I e il Trump II è salito dal 60% al 120%). Il deterioramento della narrazione sul dollaro come porto sicuro, legato anche alla credibilità del sistema tariffario, è un ulteriore fattore di stress. A peggiorare il quadro ci sono i timori di vendita da parte di operatori stranieri (che pesano comunque poco più del 10% tra i possessori del debito) e un contesto in cui pressioni inflazionistiche e vincoli fiscali limitano lo spazio di manovra della Federal Reserve, che ha visto ridursi il numero di tagli attesi da 120 a 100 punti base.

Il mercato scommette su quattro tagli BCE nel 2025

Secondo diverse case d’investimento, la Banca Centrale Europea potrebbe essere costretta a quattro tagli dei tassi entro fine anno. Gli operatori si aspettano un primo intervento già ad aprile, seguito da un ulteriore allentamento a giugno. Il deterioramento delle prospettive di crescita, il rafforzamento dell’euro e il calo dei prezzi energetici riducono i rischi al rialzo sull’inflazione. Diversi membri del board, da Villeroy a Stournaras, hanno apertamente invocato un taglio, mentre persino la più falco Schnabel ha riconosciuto un aumento dell’incertezza. Anche se la crescita tedesca potrebbe essere sostenuta da stimoli fiscali e da un aumento delle spese per la difesa, la BCE sembra pronta a prevenire una crisi di domanda, alla luce dell’impatto dei dazi su investimenti e consumi. I mercati prezzano con oltre il 90% di probabilità un primo taglio già nella prossima riunione.