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Insights 20 Nov 2023

Il punto sul mercato di Integrae SIM

Tale è la forza dell’abitudine che ci si abitua perfino a vivere” (Gesualdo Bufalino)

La ciliegina sulla torta è arrivata quando meno te lo aspetti. Venerdì sera Moody’s ha deciso di lasciare invariato il rating sul debito Pubblico italiano a Baa3 ma soprattutto alzato l’outlook a positivo da neutrale, evitando un downgrade che avrebbe spinto i BTP nell’area più a rischio ovvero “spazzatura”. Moody’s aveva abbassato l’outlook da stabile a negativo, subito dopo la caduta del governo Draghi, avvenuta nel luglio del 2022, rendendo concreto il rischio di una bocciatura sul debito pubblico. Il Governo Meloni pare quindi essere riuscito a recuperare la fiducia delle agenzie di rating grazie alla stabilità politica e alla prudenza nella gestione dei conti pubblici. Un successo anche per il Ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti che aveva ammonito gli alleati di Governo: “Se arriva il downgrade andiamo tutti a casa”. Le precedenti tre valutazioni, fatte rispettivamente da S&P, Dbrs e Fitch, avevano già lasciato immutato sia il rating che l’outlook pur in presenza di un rallentamento dell’economia. Non stupisce quindi che Piazza Affari abbia chiuso la settimana con un rialzo del 3,5%, che sale a +7,8% nell’ultimo mese portandosi a un passo da quota 30mila punti, livello che non vede dal maggio 2008. La settimana in corso sarà caratterizzata da importanti dati macro e dichiarazioni dei banchieri centrali. Martedì alle 17:00 è atteso un discorso di Christine Lagarde mentre alle 20:00 saranno diffusi i verbali del FOMC, ovvero la riunione della Fed che ha deciso di lasciare invariati i tassi.

Prime crepe nell’AI

Come un fulmine a ciel sereno il CdA di OpenAi, ha licenziato Sam Altman, amministratore delegato e co-fondatore della società della Silicon Valley che ha inventato Chat Gpt il software di intelligenza artificiale più noto al mondo. Una decisione che ricorda quella avvenuta nell’autunno del 1985 quando il CdA di Apple decise di licenziare Steve Jobs, che all’epoca aveva a 30 anni e aveva fondato la Società della mela quando ne aveva 21, portandola al successo e alla quotazione in Borsa. Sappiamo poi come è andata a finire. La scelta di rimuovere Altman da suo ruolo non è stata presa bene dagli investitori di OpenAI che starebbero facendo pressioni per far rientrare in azienda il manager. Quest’ultimo sta valutando il ritorno, ma ha comunicato che se dovesse tornare, desidera un nuovo consiglio e una nuova struttura di governance. Gli investitori di OpenAI, sono Microsoft che ha investito $13 miliardi in OpenAI ed è il principale “azionista” e la società di venture capital Thrive Capital il secondo “azionista” più importante dell’azienda. Un caos che tuttavia è in parte responsabilità di Altman che ha creato OpenAi con struttura di governance che risponde alle regole di un’associazione no profit e dove nessuno ha il controllo del capitale. Quanto accaduto non potrà che avere conseguenza nell’industria dell’AI che sta maturando velocemente passando da movimento pionieristico a mercato multimiliardario su scala globale da conquistare e dove non c’è spazio per governance fuori dagli schemi delle imprese tradizionali.

Saggio o furbetto?

Secondo quanto riferito da Investing.com Warren Buffett, amministratore delegato della Berkshire Hathaway, sarebbe sotto esame del fisco statunitense: alcuni documenti mostrerebbero una serie di transazioni azionarie personali, apparentemente in conflitto con gli interessi dell’azienda. Queste transazioni coprono un arco di tempo di quasi due decenni e coinvolgono ingenti somme di denaro, sollevando interrogativi sulla sua aderenza agli standard etici che Buffet ha sempre pubblicamente sostenuto nel corso della sua carriera. I documenti riportano che, dal 2000 al 2019, Buffett avrebbe operazioni azionarie personali parallele o anticipate rispetto alle mosse della Berkshire Hathaway. Si tratta di vendite di azioni per almeno $466 milioni e di attività più estese nel campo delle obbligazioni. Un caso particolare si è verificato il 20 aprile 2009, quando Buffett ha elogiato Wells Fargo durante un’intervista a Fortune in un momento di instabilità finanziaria. Il 24 aprile della stessa settimana, in seguito a un aumento del prezzo delle azioni della banca anche potenzialmente influenzato dai suoi commenti, Buffett ha venduto azioni Wells Fargo per un valore di $20 milioni dal suo portafoglio personale. Un brutto colpo per gli investitori di Berkshire Hathaway e tutti gli estimatori di Buffet, considerato un investitore di successo ma sempre eticamente corretto. Il titolo in Borsa non ha risentito di queste indiscrezioni, ma l’inchiesta è solo all’inizio.