Il punto sul mercato di Integrae SIM
“Le lamentele sono un pessimo modo di andare incontro alla vita” (anonimo)
La Bce ha scelto di alzare nuovamente di 25 punti base i tassi d’interesse, portandoli al 4,0% per i depositi presso la Banca Centrale. Il decimo rialzo consecutivo. Una decisione che riflette la crescente preoccupazione del Consiglio Direttivo di fronte al rallentamento del quadro economico e finanziario e alla resilienza dell’inflazione di base. Le più recenti proiezioni macro di Francoforte per l’Area Euro vedono il costo del denaro al rialzo per il 2023 (5,6%) e per il 2024 (3,2%), mentre il livello medio di aumento dei prezzi è stato rivisto al ribasso per il 2025 (2,1%). Rallentamento della crescita e inflazione persistente contribuiscono a creare uno scenario di stagflazione che pone seri problemi sul tavolo dei banchieri centrali, i quali, sono probabilmente disposti ad affrontare le conseguenze di un deterioramento dei dati economici pur di proseguire la loro battaglia contro l’inflazione. Christine Lagarde nega questa prospettiva ma il rischio esiste. Il tentativo di mantenere i prezzi nell’Eurozona stabili ad ogni costo potrebbe portare con sé conseguenze ad oggi ancora difficili da calcolare con esattezza. Preoccupazioni che però non sfiorano l’umore degli operatori: l’indice MSCI ha chiuso positivamente, l’FTSE Mib +1,4% a un passo dai 29mila punti grazie al comparto bancario principale beneficiario del rialzo tassi.
I nodi vengono al pettine
Secondo Morgan Stanley lo spread entro fine anno lo spread salirà oltre i 200 punti. Un movimento legato alle preoccupazioni sulla finanza pubblica italiana con una Legge di Bilancio che potrebbe essere finanziata in deficit sino al 6% del Pil, rispetto alle previsioni iniziali del 3/4%. Il ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti fatica a tenere a bada le richieste dei partiti che sostengono il Governo che sperano di guadagnare consenso elettorale con la Legge di Bilancio in vista delle elezioni europee di giugno 2024. Ma tutto dipende dallo stato di salute della nostra economia. Le stime ufficiali del governo prevedono una crescita dell’1,0% per il 2023, in netto calo rispetto al 3,7% del 2022, ma comunque superiore rispetto ad altri Paesi europei. Questo dato sconta il difficile percorso di emancipazione del nostro paese dalla sua storica dipendenza energetica dalla Russia, che solo nel 2020 forniva oltre il 50% del carbone, il 40% del gas e il 17% del petrolio consumato in Italia. Aspetto che preoccupa soprattutto in vista del trend che si sta consolidando nel mercato dei vettori energetici.
A novembre i tassì tornano a salire?
La Bce ha fatto capire che i tassi sono arrivati al picco, e la Fed altrettanto, ma non è detto che le cose possano cambiare velocemente. Il mercato continua a spingere al rialzo i prezzi del petrolio (sui massimi da 10 mesi) sulle aspettative di uno sbilanciamento tra domanda e offerta a livello globale. Le riserve strategiche Usa sono infatti sui minimi, e devono essere ricostituite. Un contesto che pone i produttori come Arabia Saudita e Russia, insieme ai loro alleati dell’Opec +, con il coltello dalla parte del manico. La prospettiva è quindi di un aumento ulteriore del prezzo del petrolio (e a cascata della benzina) e del dollaro. Per l’Europa, e anche per l’Asia, significa importare inflazione senza grandi strumenti per contrastarla a meno di inasprire ulteriormente la politica monetaria ma con il rischio di gettare l’economia nella stagflazione. In questa prospettiva la settimana, dopo le decisioni della Bce, si chiude con la diffusione dei dati sull’inflazione in Italia ad agosto, attesa in aumento su base sequenziale (+0,4%) e il discorso della Presidente della Bce in occasione della riunione dei ministri delle finanze dell’Unione.