Il punto sul mercato di Integrae SIM
“Nel freddo invernale, ogni cosa è giovane” (proverbio russo)
A un anno dallo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina è tempo di bilanci. Il conflitto ha innanzitutto accelerato il processo di de-globalizzazione che era già iniziato con la Pandemia per fare fronte ai colli di bottiglia delle catene di forniture. In questa prospettiva i Governi saranno quindi sempre più attenti alla sicurezza, tecnologica, militare ed energetica. Gli investimenti nella transizione energetica, trend che si era innescato già prima del conflitto, è stato rafforzato dalla guerra spingendo verso una maggior produzione di energia pulia che viene prodotta in casa ovvero consente di essere autonomi rispetto alle fonti esterne. I primi 5 titoli dell’industria energetica nell’ultimo anno sono così saliti del 66%. Lato sicurezza militare invece il conflitto ha messo a nudo l’impreparazione degli eserciti occidentali a una guerra “pesante” come quella in corso, avviando un piano di riarmo di cui hanno beneficiato le società del settore. I primi 5 titoli per capitalizzazione dell’industria degli armamenti sono saliti del 15% rispetto al -19% dell’indice azionario “mondiale”. In Piazza Affari a mettersi in luce è stato Leonardo il cui valore borsistico nell’anno del conflitto è aumentato del 60%.
La Cina è vicina
L’anniversario del conflitto concide anche con il ritorno della Cina sullo scenario internaizonale. La visita del Ministro degli Esteri cinese in Russia per discutere un possibile piano di pace è il segnale che il paese asiatico si è lasciato deifnitivamente alle spalle il basso profilo della stagione del Covid. La Cina contribuirà inoltre in maniera importante alla resilienza dell’economia nel 2023 e nella lotta ai cambiamenti climatici. Unico rischio, nel breve termine, sono i tassi di interesse che potrebbero condizionare negativamente i mercati asiatici dal momento che sulla piazza finanziaria di Pechino da tre mesi è in corso un forte rally innescato dal cambiamento delle politiche in materia di covid e fisco. Più incerto il futuro dell’Europa, molto esposta al conflitto, su cui pesa il perdurare della politica monetaria restrittiva. Bene invece la crescita economica con gli indici Pmi sopra la soglia dei 50 punti. Contesto che vede quindi favorite le obbligazioni sulla parte breve della curva, in attesa di un ritorno alla normalità ovvero appiattimento o inclicazione della curva sui tassi a medio lungo periodo.
Il mercato ammette la sconfitta?
Dai verbali della della riunione delle Fed di febbraio emerge l’auspicio di un ulteriore inasprimento della politica monetaria, con alcuni membri che hanno discusso sulla rapidità con cui portare la politica a livelli restrittivi ,in un momento in cui la tensione del mercato del lavoro minaccia di sostenere l’inflazione. Ricordiamo che al termine della riunione del 1° febbraio, il Federal Open Market Committee ha aumentato il tasso di riferimento dello 0,25%, portandolo a un intervallo compreso tra il 4,5% e il 4,75%. Si è trattato della seconda riunione consecutiva in cui il ritmo dei rialzi dei tassi è stato rallentato dopo quattro rialzi da 75 punti base consecutivi nel 2022. Le minute hanno quindi spiazzato gli investitori facendoli riflettere sulle proprie posizioni ovvero il tentativo di spingere la Fed ad abbandonare il proprio regime di tassi più alti e più lunghi. Il braccio di ferro sembra ora volgere a favore dei falchi del Fomc con il mercato che ha iniziato a prezzare tre rialzi nelle riunioni di marzo, maggio, e giugno con il tasso sui fondi della Fed in una fascia ora compresa tra il 5,25% e il 5,5%, oltre il 5%-5,25% previsto dalla Fed a dicembre.